Solo che, appena tornata, sono stata assalita mio malgrado – oltre che da una marea di posta e impegni lavorativi – anche da uno dei miei famosi attacchi di Casalinghitudine che mi ha spinto a svuotare completamente comò, soppalchi, armadi a muro e cassetti vari da una valanga di oggetti, carte, foto, giornali, ritagli e papiri accumulati in circa 30 anni.
Alcuni li terrò, altri li schiafferò in scatoloni da mettere in magazzino, altri li distruggerò senza pietà perché inutili o malridotti.
Peccato che durante il repulisti – faticoso anzichenò – non possa talvolta utilizzare per virtuale magia questo tasto.
Immaginate: un semplice click.
Ma sarebbe troppo facile, vero?
(Ancora qualche giorno e ricomincerò a scrivere qui come sempre. Baci e a presto :-*)
Riordinando la dispensa in preda ad uno dei miei periodiciattacchi di Casalinghitudine, ho trovato un barattolino di fettine di Ginger conservate sott’aceto di riso. Non ricordo affatto dove e quando l’avevo comprato, ma doveva trattarsi di un bel po’ di tempo fa, visto che era pericolosamente vicino alla data di scadenza. Così, decidendo di usarlo in fretta, ieri l’ho provato in uno dei miei soliti esperimenti culinari al galòp.
Ho preso delle fettine di tacchino, le ho battute molto bene e lievemente infarinate. In una larga padella antiaderente ho sciolto un pezzo di burro. Ho messo a rosolare il tacchino, unendo poi due bei cucchiai di fettine di ginger (il sapore del ginger sotto aceto di riso è molto meno piccante dello zenzero fresco. Ergo, se si usasse quello fresco, meglio evitare di abbondare). Spruzzato con un poco di vino bianco tiepido. Infine ho unito sale, una bella manciata di prezzemolo tritato, spento il fuoco e servito immediatamente.
Finito il tacchino, i commensali hanno poi accuratamente lucidato piatti e pentola facendo goduriose “scarpette” (che in questa casa sono concesse, sempre ;-)
In Casa Placida, dicesi Armadio delle Borse (AdB) uno stanzino rettangolare di m. 3×1,50 ottenuto – durante l’invasione delle Truppe Cammellate- dall’unione di una piccola dispensa con un pezzo di corridoio che conduceva a una camera da letto poi tramutata in cabina armadio.
Nel centro c’è la porta e, in ciascuno dei due lati, una fila di 5 ripiani di legno massiccio.
Nella parte sinistra (5 ripiani di cm. 100×80) ci stanno le valigie e le sacche da viaggio; in quella destra (5 ripiani di c. 100×50), le mie borse.
Tante borse. Innumerevoli borse. Io adoro le borse. Secondo voi, esiste una donna che non ami le borse?
Dicevo, l’armadio.
Appena finita l’invasione delle Truppe Cammellate, il suddetto armadio è stato sì riempito subito di valigie sacche e borsette, ma riempito nel senso di aprire la porta, prendere qualunque cosa somigliasse a una valigia una sacca o una borsetta e lanciarla abilmente sui ripiani, dove andava andava, tanto “Poi riordino tutto con calma”.
Nel frattempoho smontato casa di mamma, ho affrontato un paio di gravi problemi che non sto a riesumare; morale, passati due anni, l’armadio delle borse era rimasto abbandonato a se stesso. Tanto le valigie che usiamo di solito per i galòp stavano benissimo sotto i letti e le mie borse bivaccavano serenamente sparse in camera, appese all’attaccapanni in ingresso, mollate sulle varie sedie e poltrone di casa, infilate nell’armadio delle scarpe o incastrate fra i cappotti e i maglioni.
Ma l’altro giorno, entrata nell’AdB, prima sono inciampata in un immenso trolley e poi sono stata bombardatasul cranio, nell’ordine, da una valigietta rinforzata da laptop, una ventiquattrore rigida, uno zaino da montagna e una pesantissima nonché durissima Kelly.
Ho capito quindi che era in atto un ammutinamento, e che forse era il caso di riprendere in mano la situazione. E poi lo sapete che ogni tanto mi prendono gli attacchidiPlacida Casalinghitudine…
Così, armata di pazienza e scala (ché ai ripiani alti mica ci arrivo), ho iniziato a sgombrare tutti gli scaffali, portando valigie, sacche, borse, trolley, beauty, pochette e affini in salone.
Dopo aver seppellito con quella roba due divani, quattro poltrone, tre tavolini, una fratina, un carrello e gran parte del pavimento, ho iniziato a fare un deciso repulisti: questa è vecchia, questo ha la zip rotta, questa mi è antipatica, questo ha un colore che non mi piace, però ha una bella forma, e la zip si può aggiustare, eh sì è vecchia però è robusta, vabbé mi è antipatica solo perché me l’ha regalata quellollà, massì la tengo…
Poi facendo 30 volte avanti indrè dal salone all’AdB e 20 su e giù dalla scala, ho riempito tutti gli scaffali con le valigie, i trolley, i beauty, le sacche; insomma, tutta la roba da viaggio.
Poi son ritornata in salone, ho messo sul tavolo un grande asciugamano e ho iniziato a scrollarci su le borse, una per una.
Io non so, Tesoremie, come siano gli interni delle vostre borse.
So che i miei sono un incrocio fra la Caverna dei Briganti di Alì Babà, una vecchia cantina e un cestino della rumenta.
Su quell’asciugamano si è depositato di tutto: caramelle (di ogni tipo), rossetti (5), accendini (12. E infatti non li trovo mai quando li cerco), penne (6), tabacco sfuso e sigarette orfane di pacchetto (a occhio, un paio d’etti), agendine/notes (3), biglietti dell’autobus usati (9), portacipria (2), orecchini (7 paia. Perché amo gli orecchini, li metto sempre quando esco, poi mi fanno male, li tolgo, li caccio in borsa e li dimentico lì), ricevute di ristoranti/bar/negozi/grandimagazzini (sono arrivata a contarne 30, poi mi son rotta), liste della spesa e foglietti non identificati (quelli non li ho contati proprio), occhiali da sole (2 paia), polaramin crema (3) e trimeton pastiglie (3.
Tutti nelle borse estive. Sono allergica alle punture degli insetti, e giro armata), chiavetta misteriosa (1), 5 guanti (non paia. 5 singoli, tutti diversi e tutti sinistri. D’inverno mi metto i guanti, poi non riesco a fare un tubo, così mi tolgo il guanto destro e lo infilo in tasca, dopo un po’ tolgo anche il sinistro e lo metto in borsa. Quelli nelle tasche dei cappotti li recupero. Quelli nelle borse cadono nell’oblìo), fazzoletti di stoffa (8), fazzoletti di carta (7 pacchetti tutti aperti), limette da unghie (1), depliant pubblicitari (innumerevoli), metro da falegname (1. Ecco dov’era finito), monete (1 ciotola. Facendo commissioni al galòp, i resti li lancio liberi in borsa), banconote (50 euro scoperti in un taschino interno di una miniborsina molto sberluccicosa ma totalmente incapace di contenere il mio portafoglio, usata a un matrimonio due anni fa), grosse perle turchesi (30. Una collana che mi si era spezzata durante una festa a casa di amici, e che aveva coinvolto tutti gli invitati nel divertente giochino “mettiti gattoni e acchiappa i perloni!“), occhiali da vista (6 paia. Sono presbite, li dimentico sempre a casa, così ogni volta li ricompro in farmacia o al super sennò quando vado a far la spesa sono costretta ad abbordare le vecchiette occhialute dicendo loro “Scusi, lei che ci vede bene, mi legge per favore la data di scadenza di questo yogurt?”).
Dopo aver rifatto non so più quante volte avantindrè salone-AdB e sugiù per la scala, l’Armadio delle Borse presentava finalmente un aspetto umano.
Soddisfatta, ho preso in mano la ciotola delle monete, e le ho contate: 34 euro. 84, coi 50 ritrovati.
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