Carnevale: Gli Scherzi Della Vecchia Goliardia Universitaria

goliardia

Quasi tutti gli scherzi apparsi nei film della serie Amici miei sono invenzioni della vecchia Goliardia universitaria italiana, come lo  schiaffo ai passeggeri dei treni; la popò “adulta” nel vasino dei bambini; presentarsi nei paesini, travestiti da operai e ingegneri, e progettarne l’abbattimento; sottrarre le macchine fotografiche alle turiste per immortalarsi i fondoschiena nudi e restituirle alle proprietarie…

Eccone alcuni (tratti da Bacco, Tabacco e Venere, SugarCo, 1976) , organizzati negli anni 1946 – 1960 dalle diaboliche menti universitarie durante il Carnevale.

L’Alexander furioso

Nel ‘46 il feldmaresciallo Alexander andò a Padova per consegnare il brevetto di partigiano agli universitari che avevano partecipato alla Resistenza.
Presenti tutte le massime autorità, il rettore Meneghetti invitò il capo della Sacra Triburtis goliarda, che conosceva perfettamente l’inglese, a tenere un discorso ufficiale.
Parlava da tre minuti quando Alexander furibondo abbandonò la tribuna.
Nessuno delle autorità presenti sapeva l’inglese, altrimenti avrebbero di certo impedito che il goliardo dichiarasse solenne: -”Quando le legioni di Cesare bivaccavano lungo il Tamigi, Londra era un accampamento romano; allora noi insegnammo ai figli di Albione a lavarsi e radersi…”

Il vescovo e i peccatori

A Belluno il goliardo Gengi Carnei, futuro cattedrattico di geologia, a Carnevale era solito mascherarsi da vescovo.
Poi si recava davanti alle Case Chiuse e afferrava per la giacca tutti quelli che stavano per entrare strillando: -”Fratello, ti prego, non peccare!”.
Molti cercavano di giustificarsi e lui, magnanimo, li assolveva pubblicamente.
Ma una volta un sacerdote lo vide e lo sgridò, ottenendo come risposta un fraterno:
-”Non mi rompa le balle, collega”.
Finì in questura, dove si dichiarò innocente: chiuso in cella uscì soltanto la mattina dopo col fagotto degli abiti da vescovo sotto il braccio.

Le fotografie

Alla fine del ‘50, grazie alle Polaroid, sbocciò fra i goliardi italiani la passione di fotografare i passanti e consegnar loro immediatamente le foto: se era un gruppo di turisti, la foto ritraeva un gregge di pecore; un signore in auto diventava un bambino su di un’ automobilina a pedali (”Visto come l’ho ringiovanita?”); una signora bruttissima si tramutava in una bella figliola molto svestita (”E’ come  la vedo io…”).
Il buffo è che nessuno si arrabbiava,  ma tutti insistevano a voler pagare le foto.

L’eco poliglotta

Uno scherzo in voga a Roma e Firenze, città pullulanti turisti.
Quattro goliardi ne adocchiavano uno (americano, francese, tedesco fa lo stesso), e il “capo” della banda, dopo averlo abbordato, lo portavano di notte nel centro di una piazza: -” Vedrà, da qui s’ascolta un’eco stupenda!”.
Mentre tre complici si nascondevano in punti diversi, lui gridava il suo nome; ovviamente, dai nascondigli , l’eco rispondeva in perfetta successione.
Poi toccava al turista il quale gridava il suo nome e si sentiva rispondere dall’eco insulti tremendi, gentilmente tradotti nella sua lingua originaria.

L’onorevole Bustarelli Bucci

Caratteristica dei goliardi era quella di aver sempre fame, sete, e manco una lira in tasca.
Durante il Carnevale del ‘64 a Firenze uno di loro visse tre giorni da nababbo facendo l’ Inauguratore.
Travestito da immaginario onorevole Bustarelli Bucci (nome ottenuto storpiando quello d’un noto politico  di allora) , insieme a tre portaborse muniti di grammofono con disco dell’inno nazionale, lungo nastro tricolore e un paio di forbici, girava per bar e pasticcerie.
Uno dei portaborse entrava e domandava al proprietario: -”E’ già stato inaugurato questo locale?”.
La risposta ovviamente era sì, e lui: -”Ma c’era un rappresentante del governo?”.
Ovviamente no.
A quel punto veniva proposta la presenza di Bustarelli Bucci il quale al pomeriggio, durante un ricevimento organizzato in suo onore nel locale, sarebbe stato “lietissimo di presenziare alla Reinaugurazione”.
Tutti ci cadevano: all’ora stabilita Bustarelli arrivava e, al suono di Fratelli d’Italia, come tutti gli onorevoli che si rispettino teneva un discorso solenne e completamente senza senso, tagliava il nastro tricolore, mangiava e beveva a sazietà.
In quei giorni inaugurò di tutto, perfino una Giulia Alfa Romeo della Polizia, con gli agenti impalati sull’attenti.

Gli scalatori di Via Indipendenza

BolognaCarnevale ‘63:  un gruppo di goliardi  perfettamente equipaggiati da scalatori  con corde, chiodi e piccozza, compì un’ascensione orizzontale sull’asfalto stradale dell’incrocio via Indipendenza-via Rizzoli.
Sotto lo sguardo di centinaia di spettatori e bloccando totalmente il traffico, terminarono l’impresa in lentissima cordata, strisciando sulle zebre e impiegandoci due ore esatte.

Bravo bravissimo

Genova. Epoca delle Case Chiuse.
Un nutrito gruppo di goliardi si appostava nascosto accanto a una di quelle, in fremente attesa di veder arrivare, come cliente, qualche distinto personaggio molto conosciuto in città.
Una volta entrato, il gruppo ne aspettava paziente l’uscita, salutandola con applausi e urla altissime:
-”Bravo bravissimo l’avvocato Mario Tizio! Bravo bravissimo il professor Paolo Caio!”

© Mitì Vigliero

Storie di Monumenti Funebri Canini

Nel Settecento Giuseppe Parini, nel celeberrimo brano de “Il Giorno” intitolato “La vergine cuccia”, fustigava con sarcasmo l’amore eccessivo che i nobili della sua epoca riservavano ai loro cani, mentre trattavano come bestie i servitori.
Non si sa se allora tutti si comportassero in modo crudele verso gli umani al loro servizio, ma è cosa certa che nel Secolo dei Lumi i botolini di famiglia fossero tenuti in altissima considerazione e che quandomorivano, seguendo la moda inglese dell’epoca, venissero sepolti nei giardini di famiglia con tanto di lapidi, epitaffi e monumenticommemorativi.

Però nel parco di Racconigi (Torino), immerso fra i platani di un bellissimo viale, si trova il monumento che la principessa Giuseppina Teresa di Lorena-Armagnac, vedova di Vittorio Amedeo V Principe di Carignano, fece erigere nel 1790 al suo cagnolino Werther (sic, come il Giovane) quando questo era ancora vivo; sui quattro lati del piedistallo vi sono delle iscrizioni  in italiano, latino, ebraico e copto (ri-sic) che recitano tuttela stessa epigrafe composta da Tommaso Valperga di Caluso: 

Son io
di Gioseffina
ancora
lieto
a lei presso
ognora,
e già i vezzi
miei blandi
e la mia fede
han qui
eterna
mercede
.

Bologna invece, e sono in pochi a saperlo, esiste un qualcosa che ricorda una storia decisamente commovente.

Era il 1777.

Marchesi Bovi erano dei grandi proprietari terrieri che spesso si assentavano per lunghi periodi dal palazzo di città per recarsi in campagna a seguire i loro interessi.

Avevano un cagnolino che si chiamava Tago, il quale stava sempre con loro come un compagno inseparabile e li seguiva in ogni spostamento.
Ma quell’anno invece, non si sa per quale motivo, i Marchesi partirono lasciando Tago a Bologna, affidato alla cura della servitù.

Il cane diventò tristissimo; non voleva più mangiare, uggiolava, trascorreva ore e ore affacciato a una piccola finestra dell’ultimo piano del palazzo, proprio al sottotetto, sperando di veder arrivare da un momento all’altro nel cortile la carrozza degli adorati padroni.

Il tempo passava, e l’assenza dei Marchesi Bovi si prolungava.

Finalmente un giorno ecco che Tago sente il rumore della carrozza.

Pazzo di felicità, abbaiando e latrando gioiosamente s’avventa contro la finestrinaper guardare nel cortile; ma nell’eccessivo slancio ci passa attraverso e precipita, andando a sfracellarsi proprio ai piedi dei padroni appena arrivati.

Sino a qualche anno fa, andando a Bologna in via Oberdan 24 dove c’è un bel palazzo dal portone sempre aperto, entrando in quel cortile e alzando lo sguardo si vedeva, sul davanzale di una finestrina dell’ultimo piano, proprio sottotetto, una statua – opera dello  scultore Luigi Acquisti (Forlì 1745-Bologna 1823) – ritraente Tago che, seduto su un cuscino, guarda ancora in cortile, attendendo triste l’arrivo dei suoi adorati padroni.

Dal 2006 al 2008 la statua è stata restaurata nel Laboratorio del Museo Civico Archeologico ed esposta poi nella gispoteca. Ora dove sia non lo so (1); se passate per Bologna, potreste andare a controllare se Tago è ritornato a casa sua, in perenne attesa.

(foto da qui)

(1) Oggi Tago si trova ospite delle Collezioni Comunali d’Arte di Palazzo Accursio 

© Mitì Vigliero 

Canzoni dedicate alle Città: quali conoscete?

E’ da stamane che canticchio


Bello dedicare versi e musiche alle Città: come fossero persone anche loro, amate o detestate…
A voi quali vengono in mente?
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