Una Bestia Feroce nell’Alto Milanese

bestia-feroce.jpg
(illustrazione originale opuscolo)

Nella Biblioteca Braidense c’è un opuscolo di 67 pagine intitolato: “Giornale circostanziato di quanto ha fatto la Bestia feroce nell’Alto Milanese dai primi di Luglio dell’anno 1792”.

L’anonimo autore, gazzettiere (giornalista) dell’epoca,  racconta in tempo reale ciò che iniziò il 4 luglio del 1792, a Cusago.

Antonio Gaudenzio, 10 anni, aveva portato la vacca al pascolo; giunta sera però non era tornato a casa.
Il padre allarmato cose a cercarlo; nel bosco trovò la vacca che pascolava, le vesti del bimbo sporche di sangue e accanto il corpo del bimbo, quasi del tutto divorato.

Da chi?

I lupi, si disse.
La zona ne era piena, come gran parte di quella campagna lombarda.

Ma l’8 luglio, a Limbiate, fra dei bambini che pascolavano mucche piombò “una brutta bestia simile a un grosso cane, ma d’orribil ceffo e di strana forma. Testa molto larga, muso acuto, grandi denti esterni e macchiato al disopra, bianchiccio al di sotto, coda folta e riccia” che afferò alla gola Carlo Oca, 8 anni, trascinandolo nel bosco e sbranandolo.

L’11 luglio a Corbetta, Giuseppa Soracchi di anni 6 tornava verso casa insieme alla sorella e le mucche; all’improvviso la Bestia balzò da un cespuglio e l’afferrò alla gola, trascinandola via.

Il Governo promulgò disposizioni di Caccia Generale in cui s’invitavano tutti, contadini e cacciatori, ad armarsi.
C’era una taglia per chi l’avesse uccisa, e aumentava di giorno in giorno: da 50 zecchini a 150, oltre la gloria imperitura.
Il Sig. Cavalier Sannazzari, proprietario di “un ricco Museo del Regno Animale”, aggiunse altri 20 zecchini pur di averne la spoglia.

I cacciatori, venuti anche da altre zone, battevano i luoghi dei primi “omicidi” scortando i bimbi ai pascoli; ma la Bestia l’1 d’agosto colpì a Senago (zona poverissima, in cui nessun contadino possedeva uno schioppo) divorando Antonia Beretta, anni 8.

Un testimone disse che la “predatrice Fiera era alta due braccia, alta uno e mezzo, testa porcina, orecchie cavalline, pelo caprino, bianchiccia sotto, rossiccia sopra, gambe sottili, piede largo, ugne lunghe e grosse, largo petto, stretto fianco”.

Le descrizioni dei superstiti convinsero gli esperti che non di lupi doveva trattarsi, bensì di una jena; un tal Bartolommeo Cappellini, girovago, ne aveva tempo prima portate due a Milano, racchiuse in una gabbia: le mostrava al pubblico come “curiosità esotica”, facendo pagare il biglietto.

Ma ultimamente di jene il Cappellini ne aveva una sola; interrogato dalle autorità l’uomo dapprima si mostrò evasivo dicendo che una era morta, poi se la diede a gambe prima che i gendarmi potessero torchiarlo a dovere.

Intanto la Bestia era vicinissima alla città: l’11 agosto colpì a San Siro, solo un miglio “fuor di Porta Vercellina”; la vittima fu Regina Mosca, anni 12, in un campo di granturco.
La sera, a Boldinasco, sbranò un altro dodicenne, Dionigi Giussani.

Si moltiplicarono gli avvisi, le taglie, gli allarmi, gli attacchi, sino a quando il 18 settembre giunse la notizia che la Bestia era finalmente caduta nella trappola di una delle tante “fosse lupaje” scavate nei terreni proprio nella speranza di acciuffarla; era una lupa, alla quale venne fatta regolare autopsia prima d’esser imbalsamata ed esposta al pubblico.

Le analisi però lasciarono molti dubbi; le ferite lasciate dai denti e dalle unghie sulle carni delle povere vittime non coincidevano con quelle lupesche. Però a lupon catturato non si guarda in bocca, e questa storia finisce qui.

 

© Mitì Vigliero