E’ praticamente coetanea della Statua della Libertà ma forse nel mondo, quale simbolo dell’America, è più conosciuta lei.
Tutto merito di John Stith Pemberton (1831-1888), farmacista di Atlanta, che nel 1886 vendeva nel suo drugstore uno sciroppo di sua invenzione (che originariamente prevedeva l’uso di estratti di noci di Cola e foglie di Coca, poi sostituiti con la caffeina), da prendersi a cucchiaini quando si aveva il mal di testa.
Però, ben presto, si accorse che la riserva di sciroppo che lui fabbricava e conservava in magazzino, diminuiva misteriosamente; il motivo era che i suoi garzoni di bottega avevano scoperto che lo sciroppo, diluito in acqua fresca, era ottimo nonché meraviglioso per togliere la sete.
Così Pemberton lo allungò con acqua gassata, assaggiò pure lui, disse “Delicious and refreshing!” e anziché punire i garzoni golosi si precipitò alla sede dell’ ”Atlanta Journal” a pubblicare quelle esatte parole come primissima inserzione pubblicitaria della Coca-Cola.
Qualche anno dopo Asa Candler investì tutto il suo capitale, 1200 dollari, per comprare la formula del farmacista e tutta l’attrezzatura per fabbricarla; nacque così la prima fabbrica di Coca Cola a livello industriale, “The Coca–Cola Company”.
I primi ad ottenere la concessione per l’imbottigliamento furono due geniali amici di Chattanooga, Benjamin F. Thomas e Joseph B. Whitehead; a loro spetta l’idea di aver voluto studiare una bottiglia dalla forma talmente inconfondibile che, parole loro, “si sarebbe potuta riconoscere anche al buio”.
Nacque così la classica bottiglietta panciuta, col marchio Coca-Cola stampato in rilievo.
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Ma chi lanciò la bevanda sul mercato mondiale -ostentando sin da allora sempre giusta fierezza per la sua storia– fu, negli anni Venti, l’impareggiabile Robert Winship Woodruff, passato alla storia nell’ambiente economico USA come “l’uomo giusto al momento giusto”.
Egli, sfruttando le enormi potenzialità dei media e perfezionando il sistema di produzione e distribuzione del prodotto, ne fece un fenomeno commerciale e sociale di inaudita grandezza.
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Ogni giorno dalla fabbrica madre partivano migliaia di boccioni contenenti lo sciroppo e diretti in vari stabilimenti d’imbottigliamento sparsi nel mondo.
Qui lo sciroppo veniva (e viene) confezionato in vari contenitori di vetro, plastica e metallo, dopo essere stato diluito nelle dosi regolamentari in acqua gasata.
Dote fondamentale per divenire produttori e distributori di Coca-Cola, l’assoluta discrezione: la formula infatti era ed è segretissima.
Acqua, zucchero, anidride carbonica, caramello, caffeina, aromi naturali e la superessenza segreta nomata 7X (Seven X), quella che fa la differenza con tutte le altre bevande, Pepsi in testa, che tentano da più di un secolo di imitarla.
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Non solo, ma nel 1924 Woodruff creò un’apposita commissione incaricata di scegliere e vagliare ogni progetto, musica o oggetto che avesse come base il marchio Coca-Cola; il mercato fu così invaso non solo da jingle divenuti famosissimi in tutto il mondo, ma anche da oggetti vari tutti contraddistinti dal famoso ovale rosso e bianco: vassoi, bicchieri, ghiacciaie, spilline, orologi, grembiuli, tovaglie, magliette, riproduzioni di modellini in miniatura dei mitici camion che distribuivano le bottigliette in giro per il mondo, persino computer.
La scritta Coca-Cola comparve in varie forme non solo nei bar ma in stanze di college o di case private, cucine, spogliatoi; divenne un vero mito, il simbolo di un modo di vivere, persino un motivo di contestazione politica.
E indubbiamente è stata da sempre un formidabile aggregante, soprattutto di masse giovanili: collegi, scuole, feste, spiagge, campetti di calcio, palestre e Giochi Olimpici.
Perché, come dice il suo slogan più famoso, “Coke is it”: Coca Cola c’è, e questo basta.