E continuiamo a parlare di scherzi.
Sempre grazie ai libri di Marchesi e Palazio, scopriamo che un terribile trio di burloni era quello composto da Walter Chiari, Sergio Renda e Corrado Lojacono i quali, durante gli spettacoli, combinavano di tutto ai colleghi.
Se ad esempio in scena suonava il telefono e un attore doveva rispondere, trovava regolarmente la cornetta incollata all’apparecchio; a un altro avevano riempito le punte delle scarpe con carta bagnata, così quando quello le indossava le trovava più corte di quattro centimetri e recitava zoppicando.
Ma era in treno dove si scatenavano.
Prima dell’invenzione del famigerato Sarchiapone (qui il video della storica scenetta), torturavano sconosciuti ed ignari compagni di viaggio in tal modo: mentre erano seduti in attesa di partire per Roma, aspettavano di sentire gli sportelli chiudersi e, proprio mentre il treno cominciava lentamente a muoversi, improvvisamente uno dei tre diceva ai compari: “Appena arriviamo a Venezia…”
Gli altri passeggeri ovviamente, appena sentivano dire “Venezia” schizzavano in piedi e iniziavano a tirar giù bagagli, valigie, borse, pacchi, annodandosi fra loro e guardando con terrore la pensilina che sfilava via.
C’era sempre quello che quasi piangendo chiedeva: “Ma come “a Venezia”… Questo treno non va a Roma?”
A questo punto i tre satanici con innocente faccia stupita rispondevano: “Sì, ma noi dopo Roma, domani, andiamo a Venezia…”.
Altra grande razza di burloni sono sempre stati i Goliardi: la tradizione degli scherzi universitari è infinita.
Il giornalista Franco Cristofori, in un altro libro di quelli ormai introvabili –Bacco, tabacco e Venere – ne ha raccontati moltissimi.
Uno molto carino si svolse nel 1970 a Torino durante le”Universiadi” internazionali.
I numerosissimi goliardi che avevano lavorato a gratis e come buoi durante l’organizzazione, chiesero un riconoscimento sotto forma di tessere omaggio: ma il Presidente della Fidal gliene offrì solo dieci, dicendo che di tessere omaggio ne erano già state distribuite troppe ad autorità e alte personalità.
I Goliardi meditarono allora una sublime vendetta: dato che, giovani baldi e belli, “filavano” in perfetto accordo con le varie segretarie della manifestazione, non faticarono a trafugare cento tessere di libero ingresso, ovviamente in bianco.
Riempirle con nomi attendibili sarebbe stato troppo logico e banale, quindi vennero compilate in tal modo:
Alighieri Dante, comitato olimpionico. Incarico: cronista.
D’Arco Giovanna, servizi tecnici. Incarico: riscaldamento.
Monti Vincenzo, comitato olimpico. Incarico: traduttore d.t.d.o. (dei traduttori di Omero, ndr).
Verdi Giuseppe, servizi tecnici. Incarico: capobanda.
Volta Alessandro, servizi tecnici. Incarico: Enel.
Leopardi Giacomo, incarico: corrispondente della “Voce Adriatica”.
Marconi Guglielmo, servizi tecnici. Incarico: radiologo (sic).
E così via.
Riuscirono ad entrare tutti.
Un cronista sportivo scrisse sulla Stampa:
“All’atletica si sono presentati insieme Mao Tse Tung, redattore di “Pechino Sera” e Richard Nixon, ufficio legale. Un usciere ha eccepito perché”ufficio” era scritto con una sola effe; nel frattempo però entrava uno con un tesserino speciale che recava la scritta Nembo Kid, recordman”.