Attrazione e Affinità: nelle amicizie, nei luoghi e nelle cose

Ci sono due parole che mi piacciono molto: Attrazione e Affinità.

Mi piacciono come suono; la prima è croccante, come un morso dato ad una cialda e la seconda è delicata come un sussurro.

Mi piacciono perché sono parole di quelle che io definisco epidermiche; che indicano cioè un qualcosa che ha poco di razionale, ma molto d’istintivo.

E l’istinto, uno dei pochi primitivi strumenti rimasti a noi, civilizzatissimi e tecnologicissimi creaturi anni 2000, è sempre un qualcosa di affascinante.

Spesso mi chiedo perché ci sentiamo immediatamente attratti da qualcuno o qualcosa (persona, oggetto o luogo, non importa), scoprendo poi nella maggioranza dei casi di essere a questo anche affini.

Badate bene, non sto facendo un discorso amoroso (nel quale entrerebbero altri elementi): parlo soprattutto di scelte nell’amicizia e nella vita in genere.

L’Attrazione (da ad trahere, tirare verso) almeno per me scatta per minuscoli elementi; una frase, un tono di voce, uno sguardo, un profumo, un colore, un aggettivo, un risata, un vocabolo, un suono, un riflesso, un movimento: un minimo particolare magari stupidissimo che però mette in all’erta i cinque sensi insieme.

Mentre è il “primitivo”, il sesto senso che capta …cosa?

Emanazioni? Onde? Vibrazioni? Pensieri?

Non lo so.

So solo che spesso mi sono sentita attratta da qualcuno o da qualcosa in maniera assolutamente immediata: mi è successo ad esempio di leggere un particolare autore, e di sentirmi talmente coinvolta dalle sue parole da pensarmi vicino a lui, in senso familiare.

Ad esempio. Da bambina adoravo Guareschi, soprattutto i libri in cui parlava della sua famiglia; Albertino e Carlotta detta Pasionaria non erano solo personaggi cartacei, ma veri per me. Concreti. Sentivo nelle loro parole le mie.
Mi sembrava di essere insieme a loro nelle vare situazioni descritte; prevedevo le loro battute e reazioni, come se li avessi conosciuti davvero da un sacco di tempo.
Ebbene. I casi della vita ( l’aver pubblicato alla Rizzoli, editrice storica del loro papà) mi hanno portato poi a conoscerli sul serio, quando bambina non ero assolutamente più. E sin dal primo momento è stato naturalissimo per noi parlarci e vederci, come esserci ritrovati dopo tanto tempo, ma come se questo tempo non fosse mai passato; e loro mi hanno detto di aver avuto la stessa identica sensazione prima di incontrarmi, solo leggendomi.
Come se Alberto, Carlotta e Mitì fossero in qualche modo sempre stati uniti.

Uniti da cosa? Dall’Affinità (da affinis, letteralmente confinante).
Dalla somiglianza di pensiero, educazione, cultura, gusti, storia, senso dell’umorismo: tutto.
Come l’aver vissuto insieme una vita parallela in un’altra dimensione ed essersi poi incontrati.

Ma non solo con le persone mi accade di provare attrazione e affinità: anche con gli oggetti.
Oggetti qualunque: un mobile, un quadro, un vestito, un monile, un vassoio, non importa.
Vederli e pensare “Ecco: è lui. Fatto apposta per me. E’ mio”. E non separarsene più.

Oppure di scoprire dei luoghi – una città, una strada o una casa – dei quali ora non potete più fare a meno, perché non ne avete mai potuto fare a meno? Perché è come li conosceste benissimo, come se ci foste sempre vissuti, come se facessero da sempre parte della vostra vita

Una specie di déja-vu, ma più…più indescrivibile.

Cosa ci spinge a scegliere d’impulso un oggetto al posto di un altro, anche se simile all’apparenza; un luogo al posto di un altro; una persona al posto di un’altra?

Che cos’è
che ci attrae istintivamente verso qualcuno o qualcosa?

Io non riesco a rispondere in modo logico, se non buttandola sul ridere dicendo “Magari l’averli vissuti in un’altra esistenza”.

E voi, come rispondereste?

© Mitì Vigliero

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