Gengive Scorbutiche e Coliche Violente: i Rimedi degli Antichi Manuali Medici

Chi ha in casa un testo di “medicina pratica”, da consultare in caso d’emergenza?

Sappiate che li avevano anche i nostri nonni, ma spesso allora servirsene poteve essere azione estremamente temeraria.

Vediamo ad esempio i consigli elargiti dal “Manuale di Medicina Domestica” (ed. Cioffi, 1863)  in due casi semplici e diffusi: mal di denti e mal di pancia.

Per infiammazioni date da gengive “sanguinanti o scorbutiche, intese come non poco socievoli bensì affette da scorbuto, il rimedio era “sciacquar la bocca la mattina al risveglio con un bicchiere d’acquavite in cui si sia macerato dello spigo; il liquido dopo l’uso potrà essere inghiottito senza tema”.

Così l’infiammazione passava e in compenso, con un bicchier di grappa a digiuno ingurgitato ogni mattina, subentrava l’etilismo.

I denti dovevano esser nettati con “polveri dentifricie” di cui la più comune ed economica era il carbone di legna:
Si mette un pezzetto di carbone sul fuoco; rosso che sia, si leva e si lascia freddare. Poi si polverizza in un mortaio insieme a un po’ di zuccaro e un paio di grani di solfato di chinina e si serba in boccia ben chiuso: questa polvere strofinata sui denti toglie il cattivo odore che tramandano i denti cariosi”.

In caso di denti “macchiati e fragili, bisognava ricorrere alla Polvere Galvanica, prodotto che si poteva fabbricare in casa a patto di avere sottomano gli ingredienti:
Foglie d’oro 4 lamine; foglie d’argento 4 lamine; solfato d’alluminia gr 72; cloruro di sodio gr 36; zuccaro bianco gr 18; pepe in polvere gr 12; oppio gr 12; corallo gr 3; china in polvere gr 3”.

Anche allora esisteva la Medicina Alternativa: contro il “duolo dentario” il Manuale assicurava che “un pezzo d’acciaio calamitato, lungo 6 pollici e largo 2 linee, applicato sul dente che duole tenendo la bocca aperta e il viso a nord, produce da principio sul dente un freddo assai vivo a cui succede un lieve sussulto ed una specie di sbattimento che in tre o quattro minuti porta via il dolore”.

Invece le Coliche di Stomaco si calmavano “pigliando, nel momento dell’accesso stomachevole, un’ottava parte di libbra d’olio mescolata a un bicchierino d’aceto”.

Per le Coliche Spasmodichemezz’oncia di cantaridi mescolate a un litro di acquavite, messe in bottiglia e lasciate al sole per giorni tre”; con l’infuso bisognava poi fare delicati massaggini sul basso ventreaccrescendo la dose a grado a grado, badando attentamente all’età, la forza e l’irritabilità del malato” il quale, a seconda del suo livello d’irritabilità, avrebbe potuto far ingoiare a chi lo massaggiava tutto l’infuso, bottiglia compresa.

Infine c’era d’augurarsi di non venir mai colti da Coliche Violente, che dovevan esser curate così:
Si piglia una gallina, le si tira il collo e si fa cuocere intiera, senza pelarla, in un litro d’acqua. Questa cottura si deve farla a bagnomaria in un recipiente chiuso perfettamente con colla di farina: indi si filtra il brodo attraverso un pannolino e l’ammalato lo berrà più volte”.

E pensare che c’è stato chi, da bambino, ha fatto tante storie per un po’ d’olio di fegato di merluzzo…

©Mitì Vigliero