Anticamente nei processi, per estorcere una confessione si ricorreva a crudeli sistemi di tortura, tra cui quello della corda.
All’imputato venivano legati i polsi dietro la schiena con, appunto, una corda; poi veniva sollevato verso il soffitto mediante una carrucola, in posizione dolorosissima, fino a quando il tapino non ammetteva di aver commesso il reato del quale era stato accusato.
Ovviamente spesso, se non quasi sempre, accadeva che a causa del dolore atroce l’imputato, anche se innocente, alla fine dichiarasse una colpevolezza non sua, preferendo così la prigionia -se non in certi casi la morte- alla tortura.
Simile a questa anche le locuzioni “stare sulle spine”, “stare sui carboni ardenti” eccetera; tutte derivate da barbari metodi di…convincimento.
Tutti modi di dire che, in generale, vengono oggi usate col significato di “non dare certezze, aspettare una risposta definitiva, tenere in ansia”.