13 dicembre, Santa Lucia: Storia, Credenze, Tradizioni

Diretta discendente di Demetra – Cerere, dea dei campi e della luce della bella stagione, alla quale in questo periodo gli antichi offrivano in voto frumento bollitofiaccole luminose, Santa Lucia viene festeggiata a Circello (BN), Atena Lucana (SA)Lenna (BG) con un grande falò che ricorda quello in cui venne gettata durante il martirio e dal quale uscì indenne.

Sì perché  i modi che la tradizione religiosa-popolare vuole usati per ucciderla son parecchi.

Poiché si era convertita e fatto voto di castità,  ruppe il fidanzamento con un giovane patrizio.
Questo prima fece il romanticone dicendole “Senza i tuoi occhi non posso vivere”, e lei se li strappò servendoglieli su un vassoio. Allora lui la denunciò come cristiana al proconsole Pascazio, che la condannò prima ad essere rinchiusa in un lupanare, dove però né uomini né buoi riuscirono a trascinarla.
Poi ad essere arsa viva, indarno.
Infine decapitata (o meglio, pugnalata alla gola), stavolta con successo.

Santa Lucia è patrona dei fidanzati (dell’Amore Vero, quello difficile, che deve superare un sacco di prove); la filastrocca “l’è rivàda Santa Lùssia / i morosi i se dà al saco [si nascondono] / per no pagarghe [alla morosa] el mandolàto”, si riferisce a  un’usanza veneta di questo giorno che imponeva ai fidanzati di acquistarne grande copia alle varie fiere dedicate alla Santa, da donare alle fidanzate.

(Mandorlato di Santa Lucia, foto e ricetta © Manu-Profumi e Colori)

Forlì erano le castagne i doni amorosi, e dovevano essere così tante da rimpinzare anche la famiglia di lei e avanzare abbondantemente: se così non fosse stato, il futuro sposo sarebbe stato tacciato di tirchieriaaccusato di amarla poco, quella povera ragazza…

E poiché la notte di S. Lucia è la più lunga che ci sia, le fanciulle forlivesi -seguendo il proverbio “Per Santa Lòzia un cul d’gocia (una cruna d’ago, che avevate pensato? Ndr ;-)”- la passavano a cucire la camicia da notte che avrebbero indossato la prima notte di nozze.

In certe zone d’Italia (Sicilia, Emilia Romagna, parte della Lombardia, Veneto, CalabriaCampania), un tempo era solo lei che portava i doni ai bambini al posto di Babbo Natale o del Bambin Gesù.

(Le frolle di Santa Lucia a Verona, foto © Going Through Italy)

Verona arrivava aprendo un buco sul tetto e richiudendolo velocissima; per tutta la settimana precedente i bimbi venivano bersagliati da misteriosilanci” di dolci, (confetti di quelli chiamati “ghiaia dell’Adige” o le caratteristiche pastafrolle a forma di stella, cavallini o cuori) che piombavano improvvisamente dall’alto; e subito gli occhi correvano al soffitto per vedere il “buso”, ma niente, s’era già chiuso.

chiusi dovevano rimanere i loro occhi, la notte della sua venuta; perché lei è gentile e buona, ma su questo intransigente e avrebbe lanciato una manata di cenere sulle pupille del piccolo curioso.

Infine, i bambini di Bergamo da secoli portano la loro letterina di richiesta doni e cose buone a Santa Lucia in una delle grandi ceste poste ai piedi del suo altare nel Santuario della Madonna dello Spasimo.

© Mitì Vigliero

Gengive Scorbutiche e Coliche Violente: i Rimedi degli Antichi Manuali Medici

Chi ha in casa un testo di “medicina pratica”, da consultare in caso d’emergenza?

Sappiate che li avevano anche i nostri nonni, ma spesso allora servirsene poteve essere azione estremamente temeraria.

Vediamo ad esempio i consigli elargiti dal “Manuale di Medicina Domestica” (ed. Cioffi, 1863)  in due casi semplici e diffusi: mal di denti e mal di pancia.

Per infiammazioni date da gengive “sanguinanti o scorbutiche, intese come non poco socievoli bensì affette da scorbuto, il rimedio era “sciacquar la bocca la mattina al risveglio con un bicchiere d’acquavite in cui si sia macerato dello spigo; il liquido dopo l’uso potrà essere inghiottito senza tema”.

Così l’infiammazione passava e in compenso, con un bicchier di grappa a digiuno ingurgitato ogni mattina, subentrava l’etilismo.

I denti dovevano esser nettati con “polveri dentifricie” di cui la più comune ed economica era il carbone di legna:
Si mette un pezzetto di carbone sul fuoco; rosso che sia, si leva e si lascia freddare. Poi si polverizza in un mortaio insieme a un po’ di zuccaro e un paio di grani di solfato di chinina e si serba in boccia ben chiuso: questa polvere strofinata sui denti toglie il cattivo odore che tramandano i denti cariosi”.

In caso di denti “macchiati e fragili, bisognava ricorrere alla Polvere Galvanica, prodotto che si poteva fabbricare in casa a patto di avere sottomano gli ingredienti:
Foglie d’oro 4 lamine; foglie d’argento 4 lamine; solfato d’alluminia gr 72; cloruro di sodio gr 36; zuccaro bianco gr 18; pepe in polvere gr 12; oppio gr 12; corallo gr 3; china in polvere gr 3”.

Anche allora esisteva la Medicina Alternativa: contro il “duolo dentario” il Manuale assicurava che “un pezzo d’acciaio calamitato, lungo 6 pollici e largo 2 linee, applicato sul dente che duole tenendo la bocca aperta e il viso a nord, produce da principio sul dente un freddo assai vivo a cui succede un lieve sussulto ed una specie di sbattimento che in tre o quattro minuti porta via il dolore”.

Invece le Coliche di Stomaco si calmavano “pigliando, nel momento dell’accesso stomachevole, un’ottava parte di libbra d’olio mescolata a un bicchierino d’aceto”.

Per le Coliche Spasmodichemezz’oncia di cantaridi mescolate a un litro di acquavite, messe in bottiglia e lasciate al sole per giorni tre”; con l’infuso bisognava poi fare delicati massaggini sul basso ventreaccrescendo la dose a grado a grado, badando attentamente all’età, la forza e l’irritabilità del malato” il quale, a seconda del suo livello d’irritabilità, avrebbe potuto far ingoiare a chi lo massaggiava tutto l’infuso, bottiglia compresa.

Infine c’era d’augurarsi di non venir mai colti da Coliche Violente, che dovevan esser curate così:
Si piglia una gallina, le si tira il collo e si fa cuocere intiera, senza pelarla, in un litro d’acqua. Questa cottura si deve farla a bagnomaria in un recipiente chiuso perfettamente con colla di farina: indi si filtra il brodo attraverso un pannolino e l’ammalato lo berrà più volte”.

E pensare che c’è stato chi, da bambino, ha fatto tante storie per un po’ d’olio di fegato di merluzzo…

©Mitì Vigliero

Questione di feelin(in)g: indove si sfatano i luoghi comuni sui gatti

(Le immagini sono tutte di GattiBlogger. Questo qua su è Grissino, nostro gatto campagnanese)

Il Gatto divide l’umanità nettamente in due: da una parte c’è chi lo ama incondizionatamente, dall’altra chi lo detesta visceralmente.

Sono convinta che chi detesta i gatti abbia avuto la sfortuna di capitare nel Gatto sbagliato; capita anche con le persone: ci sono quelle epidermicamente simpatiche e quelle no.
E’ una questione di feelin(in)g.

È vero anche che gli amanti dei gatti, tra loro, stabiliscano alla prima occhiata una corrispondenza di felini sensi, alias una simpatia immediata.

Così com’è vero che tanti che affermano di amare i gatti solo perché posseggono -pardòn- sono posseduti da un Gatto in realtà sprecano le loro energie nei confronti in un individuo peloso che li ignorerà totalmente per tutta la vita.


(Loki, di Federico Kurai)

Per questo si dice che il Gatto sia traditore, infedele, poco affettuoso; ma vorrei vedere voi al suo posto, obbligati magari a convivere con chi non vi piace affatto.
Perché non siete voi a scegliere un Gatto: è il Gatto a scegliere voi.

E poi, ammettiamolo: i gatti sono gli animali più bersagliati da luoghi comuni che, una volta per tutte, occorre sfatare.


(Sofia, di HoldMe)

I gatti sono ladri.
Lo nego. Nessun Gatto nutrito regolarmente – colazione, pranzo, merenda, cena – ruberà il cibo degli umani; col pancino pieno di merluzzo bollito, sarà anche capace di ignorare totalmente il minestrone dimenticato sul tavolo.
Dovrete però dimostrare riguardo variando spesso la dieta ed evitando di ammannire cose non gradite quali scatolette e avanzi, ma prediligendo carne, pesce, panna e paté; il Gatto non è incontentabile, non farà capricci se vi ricorderete che gli piace avere il latte fresco solo nella scodella coi ghirigori rossi e la pappa solo nel piattino di ceramica blu, da dove la solleverà delicatamente coi denti per posarla sul pavimento e mangiarla direttamente da lì.


(Milù, di Roberto Felter)

I gatti cadono sempre in piedi.
Frottole. Un vero Gatto cade anche come una pera matura sulla schiena, sulla testa, sul sedere, quando non si spiaccica per terra sulla pancia a zampe larghe. Solo che non va in giro a vantarsene.

(Gelsomina, di Miro)

I gatti sono silenziosi e agilissimi.
Bubbole. La mia Lady, quando correva in corridoio, pur pesando 3 Kg scarsi ed avendo il pelo sotto le zampe era in grado di produrre ugualmente il rumore d’una mandria di bufali, ma in compenso non riusciva mai a frenare, stampandosi regolarmente contro la porta della camera da letto.
I primi tempi, dopo il boato, correvo a vedere se fosse ancora viva: in seguito mi limitavo a stuccare la porta incrinata.


(Mina, di Dania)

I gatti non sono affettuosi.
Lo dice chi non ha mai provato quanto sia dolce trovarsi, appena seduto, con un Gatto in braccio, incastrato sotto il mento, insinuato sotto il golf, arrotolato attorno al collo o col naso incollato al suo in stato di annusamento continuo. Lo dice chi ignora quanto sia bello dormire con un gatto il quale non ama tanto dormire con te quanto su di te, possibilmente sparapanzato sul coccige o sullo sterno…


(Dodo, di Wolly)

I gatti non sono socievoli.
Ma scherziamo? Provate a mettere in una stanza sette persone, di cui una sola detesti e/o sia allergica ai gatti.
Il Gatto, appena entrato, si avvicinerà immediatamente a quella, saltandole in braccio con rombanti fusa e non schiodandosi di lì manco a fucilate.


(GattaTopo di Ladradicaramelle

I gatti sono vagabondi.
Può darsi, ma è però curioso sperimentare quanto un Gatto possa rimanere immobile a dormire nella stessa posizione sulle vostre ginocchia sino a quando sarete quasi in piedi; fino all’ultimo spera che la vostra gentilezza prevarrà e che vi risiederete…Chi vi credete di essere, poi? Anche Maometto, per non svegliare il suo Gatto addormentato sulla manica del suo vestito, tagliò la manica.


(Popo, di AleNastrorosa)

I gatti non sono umili.
Vogliono solo rispetto. Non dovrete mai prenderli in giro, perché si offendono a morte, e un Gatto offeso è uno spettacolo tremendo.
Quindi, se lo vedrete dare selvaggiamente la caccia a una mosca e finire a sbattere col muso contro il vetro della finestra non scoppiategli a ridere in faccia, ma limitatevi a chiedere con noncuranza “È successo qualcosa?” e lui vi risponderà che aveva solo voglia di controllare se i vetri erano puliti.


(Miciarossa, di Mery)

I gatti hanno un udito finissimo.
Sì, riescono a captare a km la silente apertura d’un frigo o il sussurrìo d’un coltello che affetta la carne.
Ma se li chiamate e loro vogliono starsene in pace, potrete urlare, battere tamburi, affittare il coro della Scala che non vi sentiranno affatto, anche se si troveranno esattamente a 50 cm. da voi.


(Mela C, di Bak – ma Mela è nato per fare il fotomodello)

I gatti non hanno fantasia.
Ma se riescono a giocare per ore col pulviscolo o dare la caccia per un giorno intero ad una foglia secca fingendola un topo!
Però la fantasia più fervida la scatenano nel giocare a nascondino con voi.
E dove si nasconde un vero Gatto?
Dentro qualsiasi mobile con uno sportello troppo piccolo perché un gatto possa entrarci; in cima a qualsiasi cosa troppo alta perché un gatto possa salirci; sotto qualsiasi cosa troppo bassa perché un gatto vi si possa infilare appiattendosi; nella cesta della biancheria pulita e appena stirata, nel cassetto dei golf di cachemire e angora, sotto il piumone del letto, sopra la pelliccia di visone, dentro la lavatrice o il pianoforte, oppure esattamente sotto la sedia sulla quale voi, lì seduti da mezz’ora, state gridando come forsennati il suo nome facendolo divertire come un matto.


(Maddi, di Stefania)

I gatti non parlano.
Sicuri?
Ecco alcuni esempi con relative traduzioni:
Miàào? Miàào? Miàào? (e via di seguito per 150 volte)”: “Dove diavolo sei?”
Mrerèo-rèo-rèo… (ripetuto all’infinito)”: “Avrei un po’ di appetito…”.
Mìomìomìomìomìo?”: “E’ cotto il pesce? Quanto ci mette a cuocere il mio pesce? Fra quanto sarà pronto il mio pesce?”;
MARRAO-MAO-MAAOOO!!!?”: “Accidenti, mi dai ’sto pesce o no!!!?”
Mrrèo slap slap”: “Grazie, ben gentile”.
Inoltre sappiate che la grande Colette, trovandosi in Germania inseme al marito Henry de Jouvenel e alcuni importanti e noiosissimi uomini politici locali, mentre camminava con loro per strada vide un gatto seduto sul marciapiede. Allora gli si avvicinò miagolando; i due conversarono amichevolmente per cinque minuti, poi la scrittrice tornò dai suoi accompagnatori ed esclamò soddisfatta:
Enfin! Quelqu’un qui parle français!”

© Mitì Vigliero


(Zampe, di Mario Profili)


(SuaMaestà, di Giuseppe C)


(I Mici di Ipathia)


(Camillo di Apostocosi)


(Merlotta, di J.Held)


(Gattoperfetto, di Raffa)


(Jasmine, di Irrisolta)


(Giuditta, di Bacomarta)


(Iside, di Elena)


(Beta e Corrado, di Daniele)


(I Mici di 56k)


(Algernon di Livia)


(Sfigghi di Apelle)


(Cookie, di Nhaima)


(Pippo, di Maurizio Dal Bosco)


(Cagliostro, d 1la)


(Cleopatra, di Elena T.)


(Alice, di mmml)


(Apollo, di StellaViola)


(la Capacchiona di Isla)


(Micetto di MisterQ)

 
(Theo e Luce, di Rael)


(Carotta, di Daniela_elle)


(?, di Alex)


(Puma, di Risposte senza domanda)


(Bon, di Simple. E in questo video Dai, gatto da riporto)


(Suad, di Pepper Mind)


(Teppista Tigrato, di Alliandre)


(Tigro, di Corobi)


(Otto di Chiara)


(Tigro e GriGri, di Skip)


(Cherie, di Marco Doria)


(Achille, di Gian Luca Visconti)


(Violetta e Rosina, di Marina)


(Nemorino, di Beatrice Bruni)


(Ron, di Leonardo)


(Gennarino, di Rox)


(Momo, di Zisho)


(Cleo, di Devitalizart)

(Popov e Rublov, di Paolo)


(Lady, di Micky)


(Grisù, di Tatyana)

 

(Wilson, di Silvia)


(Lalè, di Enrica)