La medioevale basilica dei SS. Giovanni e Paolo, detta anche San Zanipolo, è considerata il Pantheon di Venezia; infatti fu per secoli il luogo istituzionale dove venivano seppelliti i cittadini illustri: nobili, artisti, eroi.
E anche i Dogi e le loro mogli.
Perché esse erano considerate in tutto alla stregua dei coniugi e, per evitare che si montassero la testa, sin dal primo giorno d’incarico del consorte – quando la Dogaressa veniva accompagnata a Palazzo Ducale con maestoso corteo di nobili, consiglieri, segretari, valletti, gentildonne, scudieri, stendardi, trombe, pifferi e tamburi – veniva messa in atto una sinistra cerimonia di benvenuto.
Appena messo piedino nella Sala del Piovego, prima di presiedere col marito al solenne banchetto ufficiale che lì si sarebbe svolto, fra una selva di croci e ceri d’argento la Signora incontrava le massime autorità religiose e civili che immediatamente le rivolgevano le seguenti cordiali parole:
“Vostra Serenità sì come viva è venuta qui in questo locho a tuor (prendere) possesso del Palazzo, così vi fo intendere et sapere che quando sarete morta vi saranno cavate le cervelle, li ochi, et le budelle, et sarete portata in questo locho medesimo dove che per tre giorni haverete a stare avanti che siate sepolta”.
A San Zanipolo vi sono circa 150 tombe tra pavimentali ed esterne, oltre 37 monumenti funerari; entrando e girando verso la navata destra, ci si trova di fronte a quello di Marcantonio Bragadin, governatore di Cipro e martire cristiano, anche se mai annoverato fra i Beati.
La lugubre descrizione di quello che sarebbe stato il post-mortem delle Dogaresse era nulla in confronto alla realtà di quello del Bragadin, rappresentato nell’affresco attorno alla sua tomba.
Nel 1571, dopo mesi d’assedio turco a Famagosta, fu catturato con l’inganno da Lala Mustafà Pascià, comandante dell’armata Ottomana che, oltre a non mantenere la parola data – quella di riconsegnare i prigionieri ai Veneziani in cambio di un riscatto – gli propose di abbracciare la religione islamica in cambio della vita.
Marcantonio rifiutò; così gli furono mozzate le orecchie, fu costretto a sfilare trasportando sacchi carichi di pietre e terra davanti agli equipaggi cristiani, fu appeso a un palo a testa ingiù e infine scorticato vivo.
Il suo corpo venne smembrato e la sua pelle riempita di paglia e ricucita.
Il mostruoso fantoccio, con in testa il cappello da comandante, fu prima messo a cavallo di un bue e fatto girare per la città; poi appeso al pennone della nave ammiraglia di Mustafà, che lo portò in trofeo a Costantinopoli dove venne infine esposto al pubblico ludibrio nell’Arsenale.
Nel 1580 il marinaio veneziano Girolamo Polidoro, su incarico della famiglia Bragadin, riuscì a rubare quella pelle, svuotarla, piegarla pietosamente e riportarla finalmente in patria, dove fu inumata prima nella chiesa di San Gregorio e poi in quella di San Zanipolo.
Nel 1961 venne riesumata e analizzata; una macabra cronaca dell’epoca così la descrive:
“Era piegata in ampiezza di un foglio di carta, salda e palpabile come fosse pannolino; vi si vedevano i peli del petto ancora attaccati, e alla mano destra, le dita non compiute di scorticare, con le unghie che sembravano ancora vive”.
“Quando di un lontano passato niente più resta, dopo che i popoli sono morti, dopo che le cose sono andate distrutte, resta solo, più persistente, più fedele, l’odore e il sapore delle cose, che rimane sospeso per lungo tempo. È una presenza che risveglia la nostra memoria, e aspetta, sperando che arrivi il suo momento, in mezzo alle rovine di tutto il resto e vi porta con sé nella struttura sottile, quasi impalpabile nella sua realtà, la grandiosa bellezza del ricordo” Marcel Proust
E proprio ieri, sbocconcellando una merendina della mia infanzia che credevo estinta da tempo – le mitiche barrette di Ovomaltina – dopo il primo morso mi sono trovata a 7 anni, Torino, tragitto scuola-casa, via Madama Cristina via Canova.
La mano di mamma stretta attorno alla mia, la sosta in una piccola drogheria (Prodotti Coloniali scritto sull’insegna) per comprare le barrette, il grembiulino nero e il fiocco rosa, la cartella rossa come il cestino del pranzo (mangiavo là, uscivamo ogni giorno alle 16), la lunghissima treccia di Raffaella, gli occhi azzurrissimi di Elisa, compagne e amiche predilette, i quaderni con la copertina di plastica blu (Italiano) e verde (Matematica), il fruscìo delle foglie dei tigli in cortile, l’odore speciale che ha Torino in primavera…
Un viaggio-lampo a ritroso nel tempo. Più di 50 anni annullati dal sapore di Cioccovo.
In principio fu la clava. Un mezzo veloce, che faceva risparmiare un sacco di tempo e spese superflue: secondo la tradizione delle migliori vignette i nostri avi cavernicoli adocchiavano una donna interessante e, senza tanti preamboli, le davano una clavata sulla zucca trascinandola poi per i capelli nella loro caverçonniere, alias caverna garçonniere. In tal modo venivano applicati letteralmente in una botta sola sia il Corteggiamento che la relativa Seduzione, inventati in seguito forse osservando una gatta che si muoveva spudoratamente sinuosa sotto il naso del gatto gnaolando messaggi amorosi foratimpani, o un piccione danzare intorno alla picciona gonfiando le penne del petto e allargando a ventaglio quelle della coda, o ancora il signor lepre – in mezzo all’erba alta – spiccare salti di un metro per farsi vedere dalla leprotta.
Fatto sta che un bel giorno anche l’Uomo scoprì che le schermaglie amorose abbisognavano di un determinato rituale variabile attraverso le ere e le mode.
Ed ecco così che, più avanti nel tempo, il Corteggiamento e la Seduzione vennero applicati in vari modi; dal rapimento giustificato a scopo procreativo come quello delle Sabine da parte dei Romani, all’estrema spiritualità (si dice) delle “Corti d’Amore” frequentate da prodi Cavalieri stile Lancillotto.
Per corteggiare la dama prediletta (di solito regolarmente sposata con un altro) l’uomo partecipava a tornei legando un di lei nastro alla punta dell’asta, le dedicava versi sublimi, partiva alla ricerca di draghi da far fuori, si struggeva per l’amore impossibile e spesso defungeva eroicamente.
Il trascorrere degli anni fece comprendere ai due sessi che l’arte del Corteggiamento non fosse poi necessariamente sempre legata al funereo. Fu così che, zompando in avanti nel tempo, durante il cosiddetto Secolo Galante, soprattutto nella Francia del ‘700, vi fu un più ameno variare dei costumi sentimentali; nei salotti di conversazione siti nelle dimore di celebri nobildonne progredite, si intrecciavano schermaglie più o meno velate: giochi di “corte”, appunto, gestiti da nobili o brillanti intellettuali.
La marchesa di Châtelet fu per quindici anni “corteggiata” da Voltaire e da quasi tutta l’Enciclopédie, mentre Diderot flirtava allegramente persino con l’imperatrice russa Caterina II la quale, secondo la sua biografa Neera, “adorava ascoltarlo e pur di godere la sua conversazione, si lasciava pizzicare i ginocchi e sbattere in faccia la parrucca, poiché lo giudicava geniale e fascinoso”.
L’avvento del Romanticismo riportò un po’ di lacrime e sospiri, ma soprattutto inventò le figure del Bel Tenebroso e della Donna Lagna; lui depresso, ingrugnito e malinconico, tormentato da passioni interiori, magari esule volontario come Jacopo Ortis, di solito finiva suicida o moriva combattendo da patriota; lei, affetta da perenni svenimenti, anemie, morbi vari nonché ovviamente già promessa sposa ad un altro, solitamente defungeva per cause patologiche aggravate dall’infelicità sentimentale.
Allora il Corteggiamento era fatto di sospiri strappacore, sguardi lacrimosi, margherite sfogliate su teneri versi del Prati e romantiche passeggiate in cimiteri illuminati dalla Luna.
Ma già nel periodo Vittoriano, nonostante si coprissero con mutandoni le gambe (nude!) delle sedie e il pronunciare parole come “coscia, petto, pancia” fosse considerato una sconcezza, la “prudérie” si dimostrò soltanto un’ipocrita maschera, come ben testimoniano le trame delle meravigliose commedie di Oscar Wilde: tutto era lecito, purché non si sapesse in giro.
L’uomo però era sempre il Cacciatore forte e protettivo, la donna la Preda accondiscendente e tenera (almeno in apparenza); concetto spiegato in modo tonitruante da Paolo Mantegazza nella sua Fisiologia dell’amore(1873):
“La seduzione è l’arte di far valere tutti i nostri valori e di presentarli nel miglior aspetto possibile. Per piacere noi miglioriamo noi stessi e, fatti belli dalla natura e dall’arte, bussiamo col corteggiamento alla porta per dove entrano gli affetti. L’uomo, che dei due che amano è il più forte, e che dalla forza attinge le sue più irresistibili seduzioni, dopo aver scrollato la chioma leonina si getta ai piedi della donna e chiede un’elemosina d’amore. E la donna, che dei due che amano è la più debole, ama arruffare colle sue gentili manine la chioma del re degli animali e fargli il solletico, e godere della sovrumana voluttà di posare il piede sulla forza e di sentirla fremere e poter dire: “E’ mia…”.”
Ma dagli anni ‘30, le donne iniziarono a seccarsi un po’ di fare le dolci prede e alcune si tramutarono in voraci Vampire abbreviate in Vamp (o più esoticamente Femmes Fatales); avide, sensualissime crudelone dagli occhi bistrati di nero, labbra a cuore e bracciali a forma di serpente, che con gli uomini giocavano come il gatto col topo. Seducendoli li plagiavano conducendoli alla rovina finanziaria e all’autodistruzione, finendo talvolta per rimbambirli per sempre, come ben raccontato nel film L’Angelo Azzurro interpretato da quella fatalona di Marlene Dietrich.
Negli anni 1950-60 per alcuni uomini pieni d’iniziativa il corteggiare e sedurre le donne diventò una sorta di professione: nacquero così i famosi vitelloni, muscolosi ragazzotti bazzicanti in origine le spiagge romagnole alla caccia di turiste nordiche, e i playboy, giovanotti all’apparenza più raffinati, solitamente di buona famiglia, specializzati in attrici famose e miliardarie in genere. Per altri maschietti più timidi e insicuri, proprio in questo periodo vennero pubblicati miriadi di libri e manuali che insegnavano infallibili (vabbé…) “tecniche di seduzione“.
Ad esempio un tal Conte Jean Delavigne (e non so cosa darei per conoscerne il vero nome…) scrisse il best-seller Come conquistare le donne (ed. De Vecchi), in cui le “lezioni” erano suddivise in capitoli. Ne riporto alcuni titoli insieme a una frase tratta da ciascuno, tanto per farvi fare quattro risate:
1 – Imparate a conversare: “Seducetele innanzi tutto con i vostri discorsi: del resto, per conversare con le donne occorre solo parlare soprattutto di loro, della loro grazia, della loro avvenenza, della loro intelligenza”
2 – Curate la vostra cultura: “In fondo la donna, ben lo sappiamo, è molto vanitosa e anche se lei di cultura ne ha pochina si sente molto fiera di andarsene a braccetto con un dottore, un ragioniere o un tecnico ben apprezzato per la cultura”
3 – Imparate le belle maniere: “Anche se siete convinti che l’uomo è superiore alla donna, nella vita sociale lei viene al primo posto; a lei si cede la destra, il posto a sedere, la parola: purtroppo sì, anche la parola!”)
4 – Gestire gli sguardi: “Vere sentinelle avanzate nella battaglia amorosa, gli occhi preparano il terreno”
5 – Come farsi notare: “Studiandola da lontano, ma non tanto, di modo che vi possa vedere e incuriosirsi”
6 – Cosa dire: “Lusingatela, mettetela in risalto in pubblico, tessetene le lodi e, anche e soprattutto se è sciocca, ditele che le affidereste le incombenze più delicate…”
La frase finale del libro è: “Abbiate perciò fiducia in voi stessi! Ad ogni angolo di strada (sic) vi è una donna che anela ad incontrare l’amore, che sogna di essere abbordata: andate quindi, senza esitazione, certi che avrete al più presto una lusinghiera vittoria“.
Probabilmente furono proprio le donne che lessero libri di questo genere che decisero di fondare seduta stante il Movimento di Liberazione Femminile.
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: