Le Acciughe Fanno Il Pallone E L’Argento Ne E’ La Difesa

 acciughe fanno il pallone quadro di martina troise

(Le acciughe fanno il pallone, di Martina Troise)

Le Acciughe per difendersi dalla voracità di tonni e alalunghe che le attaccano dal fondo del mare, salgono verso l’alto; è allora che, come canta De Andrè, fanno il pallone , ossia gonfiano la superficie dell’acqua in una grande semisfera schiumante e scintillante, su cui si catapultano immediatamente voraci gabbiani e pescatori muniti di retino.

mangianza gabbiani

 (Gabbiani durante la “mangianza”)

Ricordo una volta in cui, ragazzina, tuffandomi “a bomba” dalla prua di una barca poco fuori San Fruttuoso di Camogli, senza volerlo piombai proprio in mezzo ad un ballòn d’anciue: un’esperienza sconvolgente. Provate ad immaginare di immergervi completamente in qualche migliaia di pesciolini guizzanti e freddi, una sorta di idromassaggio vivente…

ballon anciue

 Mi chiedo ancora chi si sia spaventato di più: io o quei pesciolini dalle abitudini gregarie, che trovano il loro meccanismo difensivo nel rimanere uniti, in un blocco compatto continuamente in frenetico movimento, capace non solo di repentini cambi di direzione, ma anche di colore, in modo da confondere i predatori.

acciughe nel pallone

(Acciughe nel pallone, foto ©Alefish)

Infatti, il gioco di luci che si viene a creare sui loro corpi è fantastico; sott’acqua sembrano una massa metallica, una nuvola d’argento, ed è praticamente impossibile puntare lo sguardo su un unico individuo.

Il colore argenteo tipico dell’acciuga (e anche di sua cugina la sardina) è prodotto dalle microscopiche lamelle rifrangenti che ricoprono le sue squame; queste lamelle sono formate da iridociti, una sorta di cristalli opachi formati da un composto chimico detto guanina, che si trova anche negli acidi nucleici come il DNA e l’RNA, comuni alle cellule di tutti gli esseri viventi.

La sovrapposizione degli iridociti allo strato di pigmento normale, permetterebbe ad alcune lunghezze d’onde o colori di essere riflesse con un angolo particolare, mentre altre verrebbero assorbite; per questo le acciughe in acqua appaiono a volte d’argento, altre bianche, altre ancora d’un grigio fosco.

Quando le acciughe fanno il pallone troppo vicino alla riva, sembrano davvero le stelline cadute della mia leggenda.

Quando la loro lotta estenuante avviene nei grandi Oceani, lo spettacolo è impressionante e affascinante insieme.

Eccolo in questo meraviglioso video.

© Mitì Vigliero , L’Alice delle Meraviglie

lalice delle meraviglie

Toccaferro in Pillole: Perché l’Edera è Simbolo d’Amore Inscindibile

Antiche credenze e superstizioni

Sin dai tempi antichissimi è stata tenuta in grande considerazione e consacrata agli Dei; ad esempio Bacco, dio del vino, è stato quasi sempre immaginato e raffigurato coronato, oltreché di pampini, di foglie d’edera (Cfr. Caravaggio).

Presso i Greci era tipico del rito nuziale che l’ara del matrimonio (dedicata al dio Imene) fosse rivestita d’edera e che se ne consegnasse solennemente un rametto a coloro che si giuravano eterno amore, quasi per rammentare che il nodo col quale si legavano non poteva infrangersi che con la morte.

Per questo è il simbolo di “amore inscindibile”; per questo attorno ai muri delle case dei novelli sposi sino a non molto tempo fa venivano messe piantine d’edera che, crescendo, le avvolgevano come un mantello di protezione.

E se la pianta si ammalava e moriva, significava che anche l’amore era in pericolo.

© Mitì Vigliero

Perché Pasqua pullula Uova nei Cibi, nei Giochi, nei Riti, nei Doni

L’uovo, dalla forma priva di spigoli e quindi senza principio né fine, è sempre stato considerato simbolo dell’origine della vita.

Romani in primavera festeggiavano Cerere, dea della fecondità della Terra, offrendole uova come doni propiziatori del ciclo delle rinascite.

E proprio come simbolo di nuova nascita (e quindi di Resurrezione) l’uovo fu uno degli emblemi del Cristianesimo sin dai suoi primordi: nelle catacombe sono state trovate uova di marmo (alabastro o altre pietre), simbolo di nuova vita.

L’uso di scambiarsi uova in dono nel periodo pasquale risale invece al Medioevo; la Chiesa, nelle severissime regole del digiuno quaresimale, le aveva proibite.

Ma le galline, che di ogni precetto religioso erano ignare, continuavano tranquille a sfornarne (soprattutto se la Pasqua era “alta” e loro avevano terminato il “riposo” invernale) e così, soprattutto nelle case contadine, durante le 6 settimane di digiuno ne veniva messo da parte un numero abnorme che – una volta arrivata Pasqua–  era assolutamente da smaltire in maniera rapida.

Questo spiega perché i cibi tradizionali pasquali delle nostre regioni ne siano ricchissimi.

Dalla Pizza di Terni al Casatiello napoletano; dalla Pagnotta forlivese alla Crescia Brusca marchigiana; dal Pan Giallo alla Panina Unta toscani alla Torta Pasqualina genovese e così via.

Ovunque il primo solenne (e bramato) “romper del digiuno” consisteva nel mangiare la mattina di Pasqua – al sciogliersi delle campane – un uovo sodo.

Questo, per render più solenne e particolare la cosa, veniva lessato insieme a vegetali per colorarlo di tinte tenui; bietole per il verde, barbabietole per il rosso, zafferano per il giallo.

Un cestino zeppo di uova colorate veniva portato in chiesa alla prima messa, per esser benedetto.
Altre scambiate in dono fra amici e vicini.

In Liguria venivano fatti i canestrelli, cerchietti in pastafrolla dotati di buco ove veniva posto un uovo colorato; i bimbi genovesi, reggendo solo il canestrello, organizzavano corse per i ripidi carrugi: vinceva chi arrivava al traguardo senza aver fatto cadere l’uovo.

E sempre per smaltir le uova in esubero, si organizzavano nelle aie – oggi in piazza – giochi che le vedevano protagoniste.

Ad esempio, la mattina di Pasqua a Urbania (Marche) si svolge il “Punta e cul”; una ventina di concorrenti in cerchio, muniti di due uova sode a testa, che debbono tentare di rompere le altrui picchiandole a vicenda prima con la punta e poi col fondo.
Un gioco simile c’è nel piacentino e si chiama “Ponta e cull”.

In Friuli si gioca la Righea, un incrocio fra bocce e biliardo da giocare con uova sode colorate.

Tredozio (Forlì) il Palio dell’Uovo; una serie di gare, corsa dell’uovo, battitura dell’uovo, lancio di uova fresche, e il campionato dei mangiatori di uova sode (record da battere: 19 in 3 minuti).

Infine nelle Langhe e nel Monferrato permane l’antico rito del Cantè j’euv (Cantar le uova); nelle notti di fine Quaresima, gruppi di giovani vagano di cascina in cascina muniti d’un grosso cesto, chiedendo agli abitanti di donar loro uova in cambio di serenate.

Se il dono sarà abbondante, i canti augureranno salute e prosperità: altrimenti verranno loro minacciate “figlie zitelle” e, terribile maledizione, “che si secchi il popò alle galline”.

© Mitì Vigliero

Qui la mia Storia dell’Uovo di Pasqua