Capita a volte di trovarsi di fronte a indirizzi che riportano nomi di strade, vie o piazze non propriamente eleganti; i Comuni italiani, nel corso dei secoli, hanno spesso cercato di censurare il censurabile, salvando sì la pudica sensibilità, ma in realtà cancellando definitivamente pagine di storia locale.
Ma meno male che esiste la memoria umana a mantenere in vita toponimi antichi.
Accadde ad esempio a Bologna con la leggendaria Via Sfregatette, stradina così stretta che due passanti diretti in direzioni opposte incontrandosi erano costretti a mettersi faccia a faccia e a toccarsi strisciando.
Pensando a come ribattezzarla in modo più signorile, non trovarono di meglio che Via Senzanome che sarà sì più raffinato, ma che in dialetto bolognese viene pronunciato “Suznòmm” e compreso quindi come “Sozzonome”, che tanto carino non è.
Se a Venezia c’è il Ponte delle Tette, di cui vi ho già raccontato la storia, a Genova c’è Vico Carabraghe: un tempo si pensava che il termine avesse il significato goliardico di “cala braghe”, visto che per anni e anni il vicolo aveva ospitato case chiuse.
In realtà si riferisce alla “carabraga”, un antico strumento di guerra, sorta di catapulta per lanciare proiettili sui nemici.
Sempre a Genova abbiamo Via del Ciazzo a Sturla, che non si riferisce a quello che state pensando ma allo storpiamento della parola latina plaxium che indica “terreni degradanti verso il mare e pendii erbosi in lieve inclinazione”, così la miriade di Vie, Mura, Piazze Chiappa, Chiappare, Chiappe, Chiappella non si riferiscono a celebri glutei bensì a quelle pietre sporgenti e lisce di cui parla anche Dante Alighieri: “Potevam su montar di chiappa in chiappa” (Inf. XXIV v.33)
Infine a Nervi c’è una zona chiamata Fossato Scagaggino, che deriva dalla voce dialettale scagagge, ossia le cacchette di mosche, pulci e topi.
A Roma spicca Via delle Zoccolette, che deve tale nome alla presenza, di un tempo, di un collegio per trovatelle (quasi tutte figlie abbandonate dopo illeciti amori) dedicato ai Santi Clemente e Crescentino.
Le orfanelle andavano a messa ogni domenica nella chiesa di fronte; calzavano zoccoli di legno, che risuonavano rumorosi sul selciato. Ed essendo buttate fuori dal collegio appena raggiungevano l’adolescenza, si sapeva che la maggioranza era purtroppo destinata al mestiere più antico del mondo, divenendo quelle che a Roma si chiamano zoccole.
Anche a Firenze c’è una piccola, incantevole piazza (formata dall’incrociarsi di Via dello Sprone con Via dei Vellutini) il cui nome non era ufficialmente riconosciuto dalla toponomastica cittadina perché poco morale.
Così le guide turistiche e gli stradari la indicavano – quando la indicavano – come Canto ai Quattro Leoni, mentre i fiorentini imperterriti continuavano a chiamarla come da secoli l’avevano sempre chiamata: Piazza della Passera.
Le origini del nome paiono essere due; la prima, dolce e romantica e quindi tristissima, ci catapulta nella Firenze del 1348.
La zona Oltrarno ove si trova la piazza, era abitata soprattutto da commercianti e artigiani ebrei; infatti i nomi delle strade di quel quartiere derivano dai loro mestieri: via dei Velluti (mercanti tessili), via dei Ramaglianti (artigiani del rame) e così via.
Erano ancora liberi cittadini, visto che l’obbligo del Ghetto avvenne solo nel 1571.
La storia, raccolta dal Bargellini, narra che un giorno dei bambini trovarono nella piazzetta una passerotta agonizzante.
Spinti da compassione, mobilitando anche gli adulti, cercarono di salvarla; nessuno comprese quale morbo l’avesse colpita, e di lì a poco, nonostante le cure, la poveretta defunse.
Dopo pochi giorni tutti coloro che avevano avuto a che fare con la pennuta, si ammalarono dello stesso morbo non più misterioso: la peste, che in pochi giorni, per colpa della passera untrice, si diffuse per tutta la città dimezzandone gli abitanti.
La seconda versione, di gran lunga più goliarda e probabilmente più veritiera, si riferisce a un grande postribolo che lì si trovava già nel 1328.
Funzionò ininterrottamente per secoli, ed ebbe illustri e fedeli frequentatori, come Cosimo I° de’ Medici che pare ci facesse una capatina tutti i giorni.
Nel 1920 venne abbattuto il rudere di una famosa casa che ne aveva raccolto l’eredità d’esercizio, ma il nome dato in suo onore alla piazza da generazioni e generazioni di fiorentini rimase, anche se solo verbalmente.
Nel 2006 però, con delibera della Commissione Toponomastica (ottenuta con 12 voti favorevoli, 2 contrari e 2 astenuti) Piazza della Passera è diventata, finalmente, un toponimo ufficiale del Comune di Firenze.
Adoro i tuoi post!
In un modo o nell’altro riesci sempre a soddisfare le mie curiosità!
Un abbraccio!
Quindi anche Punta Chiappa ha lo stesso significato?
Shaina, grazie, ne sono felice! :-*
ZiaPaperina, sì. Infatti e una pietra lunga e quasi piatta. Come una chiappa ;-*
Castiglione Chiavarese localita loego (notoriamente in genovese siginica il gabinetto” mail top visto che è in cima ad un monte “cima stronzi” http://www.motoblog.it/post/22349/foto-del-giorno-quanta-fatica-per-raggiungere-la-cima-stronzi
C’è anche il caso di via Cernaia a Torino.
La via si chiama come il fiume lungo le cui sponde l’esercito piemontese ottenne una notevole vittoria durante la guerra di Crimea.
Piccolo problema: quel fiume, in Crimea, si chiama qualcosa tipo “ciornja”, cioè – in russo – “nero”, a causa del fondale torbido.
Peccato che “ciornja” suoni esattamente uguale alla parola con cui in dialetto piemontese si indica l’organo sessuale femminile.
Quindi l’addetto regio alla toponomastica cittadina decise di cambiare il nome in “Cernàia”, onde evitare spiacevoli assonanze. Curiosamente i libri di storia si sono adeguati alla pronuncia di comodo e tutti studiamo la battaglia di Cernaia. Luogo che, pronunciato così, non esiste.
Luca, romanticissimo!
Suz, questa non la sapevo. Prendo nota subito, grazie! :-*
Via Abbi Pazienza in pieno centro a Pistoia credo sia qualche spanna sopra tutte ;)
sabrina, ne avevo parlato poco tempo fa ;-) https://www.placidasignora.com/2011/09/21/via-abbi-pazienza-storia-di-una-strada-pistoiese/ Però non è maliziosa: solo un po’ INQUIETANTE. vista la storia ;-***
A Modena esiste Vicolo Squallore (è in centro, laterale della via Emilia, compreso tra piazza Mazzini e via L.C.Farini). Basta guardarlo per capire il significato del nome, è squallido anche oggi; eppure, in fondo al vicolo (senza uscita) c’è la rinomata Hostaria Giusti. Anche in questo vicolo, come i tanti esempi che hai mostrato, era abitato dalle meretrici…
A Piacenza c’è un vicolo che parte dai portici di Piazza del Duomo e che si chiama Vicolo dei Pazzarelli,
ma è stato mutato perchè qualche anno fa si chiamava vicolo del “pizzarelli” (ossia “pisarél” italianizzato) che chiaramente indicava che lì un tempo si esercitava la prostituzione
Partenio
non è strano ma è bello a mio papà hanno dedicato una piazza “piazza Cav. Uff. Luigi antonini Sindaco”