L’importanza dell’Ombrisallo – Antiche Cure Neonatali (e “Ombelico” in tutti i dialetti)

Sin quasi alla metà del Novecento, avere un maschio in certe zone dell’Italia contadina era considerata una benedizione i cui motivi oggi farebbero diventare femminista pure una gheisha; non solo braccia in più per il lavoro, ma anche un aumento di forza e cultura dentro casa.
Questo perché il maschio avrebbe certamente seguito almeno gli studi elementari, mentre la femmina era destinata alla casalinghitudine.

Perciò, mentre il bimbo metteva il capìno fuori e ancora non si sapeva il suo sesso, in Sicilia tutte le donne presenti al parto recitavano giulive:

“S’è masculiddu lu chiamamu Cola
ca quannu crisci lu mannamu a scola
S’è fimminedda la chiamamu Rosa
ca quannu è granni ‘nni scupa la casa”


Ma, maschio o femmina che fosse, doveva innanzitutto tentare di sopravvivere alle numerose cure della medicina popolare a cui veniva immediatamente sottoposto.

Appena sortito dal ventre materno, gli controllavano l’attaccatura dei capelli sulla nuca perché “chi ha il codino aspetta un fratellino”; grande giubilo se nasceva “con la camicia” (sacco amniotico): da grande avrebbe certamente avuto virtù taumaturgiche (Emilia Romagna, Liguria, Piemonte).

Badavano a non baciarlo sul collo, perché avrebbe perso il sonno e infine gli tagliavano il cordone ombelicale facendo attenzione, se maschio, di lasciargliene un pezzo lungo almeno 4 dita perché da quello sarebbe dipesa la dimensione del suo attributo da adulto (Campania, Venezia Giulia).

Il cordone rimasto veniva cosparso di miele, olio e sale, impacchettato in una tela e infine legato stretto sull’ombelico (Salerno).

Appena nato, il pargolo veniva sottoposto al primo bagnetto, anche questo rituale: nell’acqua venivano messe, a seconda delle regioni, monete, gocce di candela benedetta antimalocchio, sale, rosso d’uovo, olio di rosa, miele: come disinfettante vino o pipì di altro bambino al di sotto dei 3 anni.

Alle bimbe veniva cosparsa di zucchero la vulva, per renderle future femmine appetibili (Veneto, Piemonte, Sicilia); ai maschi si sfregava sulla lingua dell’aglio (Val d’Aosta, Savoia, Francia) per renderli virili.

E poi si procedeva alla tortura delle fasce, strettissime attorno al corpo, capo compreso a mo’ di mummietta, nell’intenzione di rendere perfettamente ritte braccia, gambe e schiena e anche perché vigeva il terrore che “prendesse freddo “; infatti durante l’età neonatale veniva lavato pochissimo, spesso solo sfregato con saliva materna (Abruzzo, Molise, Marche).

In più la fasciatura a baco da seta era utile alle mamme, che lo trasportavano ovunque come un pacchetto, arrivando ad appenderlo a un chiodo quando lavoravano fuori di casa, ad esempio nelle stalle o nei campi.
Solo a 6 mesi venivano liberate le braccia, a un anno le gambe.

Quando si staccava l’ultimo pezzo di cordone, sull’ombelico veniva posta una moneta (Basilicata, Bergamasco) o una rondella di piombo (Lazio), per tener piatta la cicatrice.

Il cordone di solito veniva bruciato mentre in Umbria lo mettevano in un posto che simboleggiasse la professione futura desiderata per il bimbo.
Padre Mariangelo da Cerqueto (1915-2002), il notissimo Frate Indovino, era solito raccontare: “Mia madre pose il mio pezzetto tra i suoi pochi libri; finii tra la Filotea, il libro di preghiere, e il Lunario di Barbanera”.
E’ innegabile che nel suo caso abbia funzionato.

©Mitì Vigliero

Corollario

Come si dice Ombelico nei vari dialetti

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Ombrisallo – Genova

Briguel, Belliguel – Bologna

Amburì – Piemonte

Bugnigul, Umbričon – Friuli

Bunìgolo, Bòcolo – Veneto

Vellìcolo – Napoli

Schèo (soldo)- Alto Trevigiano

Bumbulif – Lugano

Bamborin – Milano

Muglichere- Mugliculu– Ciociaria Lazio

Biddiu – Sardo Campidanese

Boton della ghidazza (bottone della madrina, perché era lei l’addetta al taglio ) – Trentino Occidentale

Bigul – Ferrara

Buton dela pansa – Bergamasco

Bìgol – Crema

 Morìco – Marche (AP)

Bellìco – Toscano

Vijicu – Vibonese

Viddicu – Palermitano

A proposito di Placida Signora

Una Placida Scrittora ligurpiemontese con la passione della Storia Italiana, delle Storie Piccole, del "Come eravamo", del Folklore e della Cucina.
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  • 20 July 2011 at 09:05Mitì Vigliero
    Ombrisallo – Genova. Briguel, Belliguel - Bologna. Amburì – Piemonte. Bugnigul, Umbričon – Friuli. Bunìgolo, Bòcolo - Veneto. Vellìcolo – Napoli. Schèo (soldo)- Alto Trevigiano. Bumbulif - Lugano. Bamborin - Milano. Muglichere- Ciociaria Lazio. Biddiu - Sardo Campidanese. Boton della ghidazza (bottone della madrina, perché era lei l’addetta al taglio ) – Trentino Occidentale. Bigul – Ferrara. Buton dela pansa – Bergamasco. Bìgol - Crema. Morìco – Marche. Bellìco - Toscano. Vijicu – Vibonese. Viddicu – Palermitano.
  • 20 July 2011 at 09:13Librando
    Ecco spiegato perché alcuni vivono fino a 110 anni. Sono sopravvissuti a quelle cure! :D
  • 20 July 2011 at 09:24Mitì Vigliero
    Librando, è che non sai come li curavano DOPO. La pediatria popolare probabilmente discendeva da Erode ;-D
  • 20 July 2011 at 09:29Librando
    Al bambino in foto hanno appena cacciato l'aglio in bocca, vero? Ha già un'espressione virile.
  • 20 July 2011 at 09:47Mitì Vigliero
    ;-D Bé, Nicola sarebbe andato a scuola, Rosa invece doveva solo scopare casa. Era una sorta di pegno da pagare ;-))
  • 20 July 2011 at 11:11Mar@
    Vedo ora questo post. Mia nonna lo chiamava "al Bamburin del Ventar". (Milano)
  • 20 July 2011 at 12:08Mitì Vigliero
    Mar@, "ventar" cosa vuol dire?
  • 20 July 2011 at 12:09Mar@
    Ventre. Il bottone del ventre :-)
  • 20 July 2011 at 12:14Mitì Vigliero
    ah già "venter" (son distratta ;-*)
  • 20 July 2011 at 12:33Mar@
    :-) La mia inflessione dialettale punta verso il dialetto bustocco.
  • 20 July 2011 at 12:35Mitì Vigliero
    Mar@, Busti! ;-)
  • 20 July 2011 at 14:19Fatacarabina
    devo trovare il trattato di bonigolomanzia e regalartelo
  • 20 July 2011 at 14:21Laura Van der Beat
    oddio in ciociaria da me si usa mugliculu
  • 20 July 2011 at 14:22Mitì Vigliero
    Fata, oh sì sì sì! :-**
  • 20 July 2011 at 14:22Mitì Vigliero
    Laura, è quasi simile...in certi casi bastano un paio di km per far differenza :-*
  • 20 July 2011 at 14:23Mitì Vigliero
    in ogni caso lo aggiungo :-)
  • 20 July 2011 at 14:23Fatacarabina
    devo trovartelo assolutamente
  • 20 July 2011 at 14:24Laura Van der Beat
    vero!
  • 20 July 2011 at 14:28Librando
    "tagliavano il cordone ombelicale facendo attenzione, se maschio, di lasciargliene un pezzo lungo almeno 4 dita perché da quello sarebbe dipesa la dimensione del suo attributo da adulto" A proposito di questo, mi incaricano di dirti che la cosa si faceva anche in Venezia Giulia.
  • 20 July 2011 at 14:34Mitì Vigliero
    Librando, ok. ringrazia (e aggiungo)
  • 20 July 2011 at 14:44Mitì Vigliero
    Fata, ti ricordi l'editore? Il titolo è trattato di blonigolomanzia? cerco anch'io :-*
  • 20 July 2011 at 15:01Fatacarabina
    trovato!!! (ti mando un dm)
  • 20 July 2011 at 16:03Mitì Vigliero
    Fata, :-****************


5 Replies to “L’importanza dell’Ombrisallo – Antiche Cure Neonatali (e “Ombelico” in tutti i dialetti)”

  1. Brava. Uno al giorno! (A me da piccolo la bisnonna dava il latte con dentro un chiodo di ferro)

  2. Beppe, lo facevano per i bimbi anemici (giuro. anche l’acqua ferrosa, fabbricata in casa con una bottiglia d’acqua con dentro pezzetti di ferro, chiodi o simili)

  3. la cultura popolare ovviamente è sempre stata intrisa di elementi simbolici, gestuali, scaramantici, del resto sarebbe stato impossibile accettare quell’autentica epifanìa di morte che era il nascere nei tempi andati, bastava un niente e il bambino, la mamma, e forse tutti e due andavano al creatore; del resto l’esigenza primaria di asetticità era ben poco chiara perfino ai cosiddetti scienziati; consiglio la lettura del magnifico «dottor semmelweis» di l.f.cèline, che narra le tribolazioni del medico ungherese; egli era di fronte agli ottusi superiori che non volevano accettare il fatto che molte puerpere morivano semplicemente per scarsa igiene da parte degli studenti di medicina, che toccavano cadaveri e gestanti lo stesso giorno; sarebbe bastato lavarsi le mani; ora, è chiaro che nel popolo, nelle genti semplici, per far fronte al dolore e alla morte così frequenti, si ricorresse a genti simbolici e suggestivi; certo, in fondo tutta la storia della cultura e religione popolare non è altro che un’immensa scaramanzia

  4. ….a volte mi chiedo come abbiamo fatto a sopravvivere moltiplicandoci….:))))
    un abbraccio Mitì,come stai?:*)

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