Superstizioni a Teatro

A chi gli faceva notare quanto il mondo teatrale fosse da sempre un regno popolato da personaggi incredibilmente superstiziosi, il commediografo Tristan Bernard (citando Benedetto Crocerispondeva: “Non credo alla jella, perché credere alla jella porta jella”.

Può darsi che l’affermazione corrisponda al vero; bisognerebbe chiederlo quel grande e bravo tenore genovese il quale, interpretando nel 1995 a Macerata il ruolo di Cavaradossi nella Tosca, fu prima fucilato a un piede dal plotone che doveva giustiziarlo all’ultimo atto e subito dopo, scampato all’esecuzione, cadde fratturandosi la tibia e il perone della gamba destra.
In casi come questi anche il più raziocinante degli uomini potrebbe venire sfiorato da qualche fugace dubbio : sarà l’opera di Puccini a menar gramo ai cantanti in generale, o vi sarà mica stato qualcuno intenzionato a far fuori il tenore, visto che l’anno prima dei disastri, durante la Carmen di Bizet, venne ferito da una sciabola lanciata in scena con troppa violenza da un collega?

Comunque sia, sono proprio simili accadimenti che creano e fomentano leggende superstiziose nel già superstiziosissimo ambiente artistico.

Ad esempio, nel Teatro classico, un dramma considerato particolarmente menagramo è il Macbeth di Shakespeare.

Sarà l’argomento particolarmente gufesco a innervosire le ipersensibili psiche degli attori, ma resta il fatto che nessuno di questi ne pronuncia mai  il nome (soprattutto nelle quinte, pena il fiasco di qualunque spettacolo si stia rappresentando) preferendo citarlo come “Il Dramma Scozzese“.

Grandi interpreti quali Orson Welles, John Gielgud e Peter O’ Toole, recitandolo, riuscirono a essere stroncati dalla critica (una delle più grandi jelle, questa, che a un attore possa capitare) e Vittorio Gasmann, sempre durante le prove di un Macbeth al “Maggio Musicale Fiorentino” del 1984, cadde e si ruppe due costole.

Anche Un padre prodigo di Dumas (figlio) non gode buona fama; “dicunt” che quando lo si alleste (cosa che ormai accade rarissime volte, probabilmente solo perché si tratta di un drammone pesante come un macigno), in teatro succeda di tutto: sedie che si rovesciano, mazzi di corde che precipitano dai soffitti, sipari che calano innanzi tempo, incendi improvvisi e attacchi di amnesia acuta tra gli attori.
E per lo stesso motivo, se proporrete a qualcuno di “metter su” la Magia rossa, la Ballata del Gran Macabro del belga Michel De Ghelderode, non stupitevi se quel qualcuno farà scongiuri più o meno evidenti.

Persino alcune celeberrime musiche non sono immuni dall‘infame bollo di “menagramo”.

Pare che nel campo del balletto lo sia il Bolero di Ravel e in quello dell’opera lirica il Simon Boccanegra di Giuseppe Verdi.

Persino la celeberrima Funiculì Funiculà, composta da Luigi Denza e Peppino Turco in occasione dell’inaugurazione della funicolare vesuviana nel 1880, ebbe un enorme successo sino a quando il famoso aviatore napoletano Francesco De Pinedo decise di scrivere nel 1925 sul suo apparecchio “Gennariello” il primo verso del ritornello “Jamme ‘ncoppa jà!
Bastò che il povero De Pinedo morisse prematuramente proprio in volo (nel 1933 e, oltretutto, con un altro aereo), che la canzone fosse da allora bandita da tutti gli aereoporti.

La stessa cosa accadde al tango Caminito, che l’orchestra del Titanic stava eseguendo quando il transatlantico fece il casquet con l’iceberg; e il dolcissimo Valzer delle candele, suonato sull’Andrea Doria  al momento dello sbang con lo Stockholm.
Da quei funesti giorni sono stati ambedue cancellati dai programmi musicali di bordo di qualsiasi natante, pedalò compresi.

Altre musiche che fan toccare ferro o qualcosa d’altro agli artisti superstiziosi sono la Musica proibita di Gastaldon e la Patetica di Ciaikowsky ; pure le belle Serenata di Toselli, il Canto d’amore indiano di Rimski-Korsakov, La mia canzone al vento di Cesare Andrea Bixio, I have no bananas sono credute dagli addetti ai lavori dei veri porta jella.

La spiegazione di tutto ciò è crudelmente semplice; quando un “pezzo” emerge dalla mediocrità e acquista successo, diventa immediatamente obiettivo di rabbiosa invidia da parte di alcuni i quali si affrettano a spargere la malefica voce: “Porta male”.

Perfidia a parte, le credenze più o meno innocue sulla jella nello spettacolo sono innumerevoli: Erminio Macario, Vittorio De Sica, Nino Taranto e Charlie Chaplin, ad esempio, detestavano come moltissimi loro colleghi il colore viola.

Riguardo all’odio verso il viola esiste una spiegazione che risale all’antica legge che proibiva in periodo di Quaresima, quando il viola era la classica tinta dei paramenti sacri, di svolgere pubblici spettacoli.
E i componenti delle compagnie girovaghe di quell’epoca, che fossero commedianti, musici o saltimbanchi, costretti a non poter lavorare (e quindi a non guadagnare) vivevano 40 lunghissimi giorni di stenti e fame mostruosa.

Anche Wanda Osiris, quando riceveva in romantico omaggio un mazzolino di violette, ovunque si trovasse schizzava velocissima a gettarle nel primo gabinetto che trovava a portata di mano, tirando elegantemente lo sciacquone con due mani.
E guai se la Wandissima, nel corso delle prove a teatro, vedeva un attore col cappello in testa: s’imbufaliva talmente da fargli fare, metaforicamente stavolta, la fine delle violette.

Invece Eduardo De Filippo in scena voleva solo orologi veri, carichi e perfettamente funzionanti perché, secondo lui, l’orologio fermo portava jella così come durante le prove (nelle quinte o in palcoscenico) la gente con le gambe accavallate.

Per ripararsi dai “grandi zot” della malasorte, molti artisti utilizzavano quindi metodi personalissimi.

Shelley Winters ad ogni debutto doveva calzare scarpe di una particolare forma e una particolare altezza di tacco; Gary Cooper prima di iniziare a girare il primo ciak voleva che qualcuno della troupe lo aiutasse ad infilare prima lo stivale destro e poi il sinistro, mai viceversa o erano tragedie.

Marlilyn Monroe alla proiezione di ogni sua “prima” vestiva sempre di rosso mentre Betty Grable prediligeva il blu elettrico.

Ava Gadner appiccicava una pallina di gomma da masticare alla telecamera che le avrebbe fatto la prima inquadratura; Humprey Bogart invece indossava sempre almeno in una scena un decrepito cappello di feltro.

Il grande Giovannini, autore con Garinei di splendide riviste e commedie musicali, alla prima di ogni loro spettacolo indossava l’abito che aveva portato alla prima di Cantachiaro: pur essendo ingrassato un bel po’ da allora, continuò a presentarsi a teatro con quel vestito, a costo di scoppiarci dentro.

Altre antiche forme scaramantiche da allegare alle mille che compongono lo “S.C.A.J.T.” (Segreto Codice Anti Jella Teatrale) sono: se cade il copione durante le prove, bisogna sbatterlo tre volte per terra (perché se cade il copione, “cade” lo spettacolo); sul palcoscenico non bisogna aprire ombrelli, fischiare o fischiettare (i fischi richiaman fischi, quelli del pubblico), far ruotare le sedie su di una gamba, passare sotto le scale dei macchinisti, spiare dal sipario il pubblico prima della rappresentazione.

E poi guai a un camerino contrassegnato dal numero 13, guai essere seduti al tavolo da trucco ed avere dietro le spalle un collega in piedi, guai a rovesciare la cipria o la trousse dei cosmetici, guai a inciampare entrando in palcoscenico (“papere” assicurate), guai alla presenza di penne di pavone su costumi o sulla scena.  Assolutamente proibito inoltre appoggiare i gomiti a un tavolo e contemporaneamente portare le mani al viso.

Infine, prima dell’entrata in scena, anatema coglierà colui che avrà detto ad un attore le stramaledette parole “Auguri” o “Buona fortuna“: meglio scandire 3 volte con voce chiara e impostata quella che rese celebre, suo malgrado, Cambronne.

© Mitì Vigliero

A proposito di Placida Signora

Una Placida Scrittora ligurpiemontese con la passione della Storia Italiana, delle Storie Piccole, del "Come eravamo", del Folklore e della Cucina.
  • 16 June 2011 at 22:04Mitì Vigliero
    Dedicato alla III Giornata Anti-Superstizione dei Tesorimiei del Cicap ;-* http://www.cicap.org/new/articolo.php?id=274509
  • 16 June 2011 at 22:04Mitì Vigliero
    (visto che oggi è venerdì 17)
  • 16 June 2011 at 22:07Indomabile
    son nata il 17, mia figlia pure e di venerdì :)
  • 16 June 2011 at 22:07Isa Dex
    mitì bellissimo!!!! :-D
  • 16 June 2011 at 22:09Chiaracaffè
    C'è anche la Forza del destino di Verdi, altrimenti detta "la ventiquattresima opera di Verdi" ^^ Brava Mitì!
  • 16 June 2011 at 22:10Mitì Vigliero
    Indo, anch'io sono nata di venerdì :-)
  • 16 June 2011 at 22:10Mitì Vigliero
    Isa, :-*
  • 16 June 2011 at 22:11Mitì Vigliero
    Chiaracaffè, annoto :-*
  • 16 June 2011 at 22:24Calexandrìs
    Belline! Noi le usiamo tutte! Per esempio in Francia, però, porta sfortuna il giallo in teatro, perché così era vestito Moliere quando morì sul palcoscenico.
  • 16 June 2011 at 22:26Mitì Vigliero
    Calessina, quella non la sapevo, grazie! e se te ne vengono in mente altre, dimmele per favore :-**
  • 16 June 2011 at 22:27Calexandrìs
    Per buona sorte prima dell'entrata, dopo il rituale merda, ci si tocca tutti i culi. Davvero, per altro.
  • 16 June 2011 at 22:29Mitì Vigliero
    :-D eh bé, portafortuna anche quello.
  • 17 June 2011 at 07:40Stefano
    sono nato di venerdì....mi rimane solo quello....tutti gli altri mi mancano...
  • 17 June 2011 at 07:42Stefano
    vado bene per mescolare l'insalata...... :)))
  • 17 June 2011 at 08:19Mitì Vigliero
    Stefano, in questi commenti siamo in 3 nati di venerdì ;-)
  • 17 June 2011 at 08:29frine
    il nostro tecnico bretone dice che in francia porta sfortuna vestire di verde, in scena, non in viola. la cosa più divertente, però, è quando si fanno gli esiti dei laboratori con i bambini o i ragazzini, e gli spieghi perché 'merda merda merda' in teatro si può dire, anzi VA assolutamente detto, (mitì se poi volessi scrivere qualche storia di fantasmi teatrali, ne ho un paio, di cui una assolutamente da brividi!)
  • 17 June 2011 at 08:36Mitì Vigliero
    frine, qui han detto giallo, in Francia...verdelimone? ;-) sì certo, il mondo degli adulti può sembrare incomprensibile ai bambini (NON si dice! qui DEVE dirsi! ;-D. E sì, raccontami le storie di fantasmi ti prego!
  • 17 June 2011 at 08:37Mitì Vigliero
    riporto qui il commento di Molengai, che è attore: io sapevo che fischiare porta sfortuna anche perché era il segnale dei macchinisti che qualcosa stava cadendo dalla scenografia, insomma indicava un incidente prossimo. sul viola mi è capitato che una Turandot si sia rifiutata di entrare in scena per via di un vestito viola, mandando al suo posto una comparsa(si trattava di unascena del primo atto dove non cantava) e poi vedendo me che ero vestito in viola ha preteso che non le stessi vicino prima di entrare
  • 17 June 2011 at 08:56Xabaras (G.O.)
    (non ci credo non ci credo). Poi come sto in teatro le faccio tutte le cose scaramantiche, mi fanno sentire parte del rito.
  • 17 June 2011 at 08:58frine
    allora, in primis c'è Osvaldo, il nostro fantasma stanziale: l'edificio del teatro era in principio una cascina, Osvaldo viveva qui e *dicheno* che si sia impiccato perché sua moglie lo aveva abbandonato, nello spazio prove piccolo. e niente, ogni tanto accende e spegne le luci, fa partire i cd da soli, muove le cose, ma ci stiamo simpatici, è il suo modo per farci capire che c'è... ma l'altra storia... [suspance]
  • 17 June 2011 at 09:02marina remi
    tanta merda a tutti!
  • 17 June 2011 at 09:06Mitì Vigliero
    Xarabas, infatti, "rito" è la parola giusta. Sono tradizioni che durano da centinaia d'anni, sarebbe un delitto dimenticarle. Come togliere un poco d'anima a un mestiere tutto-anima come è quello del palcoscenico :-*
  • 17 June 2011 at 09:06Mitì Vigliero
    frine, ma dai! su su, racconta l'altra storia!
  • 17 June 2011 at 09:07Mitì Vigliero
    marina, non solo 3 volte. proprio tanta! ;-D
  • 17 June 2011 at 09:09Mitì Vigliero
    ma in quanti calcate il palcoscenico, qui? marina remi, Xabaras, frine, molengai, Calessina, Mery, laflauta...poi?
  • 17 June 2011 at 09:10frine
    qualche anno fa, ilaria, una delle nostre registe, scrisse uno spettacolo, Margiritis http://wai.portale.parma.it/stampabile.asp?IDCategoria=23&IDSezione=132&ID=166432 sulla storia di Margherita Farnese. Ebbene, dopo un po' di manifestazioni tipo poltergeist (ma proprio oggetti che volavano da soli), una mattina trovarono il costume di Margherita incastrato sotto la porta di sicurezza, metà dentro e metà fuori; era talmente incastrato che non riuscirono ad aprire... fecero il giro fuori e videro che la metà superiore era stesa, con le maniche allungate, sulle scale esterne... sembrava una persona che cercasse inesorabilmente di fuggire. paura eh?
  • 17 June 2011 at 09:11Marileda™
    a me è capitato durante serate da presentare in piazza e contest musicali... non è teatro... ma i gruppi, credimi, le band, hanno milleuno rituali per sconfiggere la paura del palco!
  • 17 June 2011 at 09:11Dario Salvelli
    quella di battere il copione 3 volte per terra è ancora in uso.
  • 17 June 2011 at 09:23Xabaras (G.O.)
    Poi tutti in compagnia hanno i loro piccoli riti. Io quando ero particolarmente nervoso giravo per le quinte facendo il bianconiglio (don't ask).
  • 17 June 2011 at 09:28marina remi
    io e il fantasma del teatro bellini di palermo siamo amici, mi ha fatto anche dei dispetti ma solo per farmi ridere.
  • 17 June 2011 at 09:29Chiaracaffè
    Io canto in un coro (amatoriale al massimo eh) e quando abbiamo cantato al Regio a Parma il maestro continava a ripetere "non fischiate! non fischiate! merda merda merda!"
  • 17 June 2011 at 09:29marina remi
    riti: se faccio una roba prima della prima e lo spettacolo va bene (che può essere anche mangiare un intero cotechino, per fortuna questo non l'ho mai fatto) poi devo rifarla ogni replica.
  • 17 June 2011 at 09:31frine
    noi l'anno scorso prima dell'inizio di uno spettacolo, nascosti dietro la struttura che ci faceva da scenografia, canticchiavamo a bassa voce ogni volta 'rasa il pratino' mentre il pubblico stava entrando ,-)
  • 17 June 2011 at 09:33lasindachessa
    mah, tra musicisti di solito è il viola, per l'antica faccenda che la quaresima vietava gli spettacoli e i musicisti facevano la fame in quel periodo.... ma io adoro il viola, e anzi, lo uso allegramente (la discussione ed esecuzione dei brani della mia tesi, con biancheria viola, ovviamente). Di solito, io mi spazzolo i capelli. E' più un rito, che una scaramanzia. Per il resto, niente merda, semmai si spera che la prova generale sia un fiasco totale, perchè porta bene. (o perlomeno, se l'ultima prova vien fuori un macello, tutto sono attentissimi al concerto, per logica...)
  • 17 June 2011 at 09:36Chiaracaffè
    Quella della prova generale è proprio vera :)
  • 17 June 2011 at 09:42Mitì Vigliero
    siete fantastici! :-) (poi vi rispondo uno a una, ora galoppo in posta. loco molto poco artistico ;-*)
  • 17 June 2011 at 09:44Calexandrìs
    Va detto che noi, in compagnia, qualche errore nella generale lo mettiamo apposta, per metterci avanti con la superstizione. ;)
  • 17 June 2011 at 10:01Mery
    dal 2004 al 2008 ho fatto parte di una compagnia stabile, avevo un mio camerino, alla prima di ogni spettacolo arrivavo molte ore prima, mi piaceva stamene seduta in silenzio, tra i miei oggetti di scena, poi mi raggiungeva il regista e si provava a tavolino le cose che mi erano difficili... mai nulla di viola, addosso a me unacollana di mia madre e una sua foto sul palcoscenico.
  • 17 June 2011 at 10:04Mery
    oggi solo laboratorio e piccole cose in scena, ho ricominciato daccapo con altre persone, nascondo senza farmi vedere dagli altri la foto di mamma in un angolo buio, quando lo scopriranno si faranno un sacco di risate :) ma senza quella foto io mi dimentico le cose, lo so ;)
  • 17 June 2011 at 10:07CICAP
    Mitì, vediamo solo adesso. Grazie mille!
  • 17 June 2011 at 10:33Mitì Vigliero
    frine, è davvero una storia da brividi! prendo nota per un prossimo articolo, grazie! :-*
  • 17 June 2011 at 10:33Mitì Vigliero
    Dario, ma solo quando cade, vero?
  • 17 June 2011 at 10:33Mitì Vigliero
    Xarabas, voglio vederti fare il bianconiglio!
  • 17 June 2011 at 10:36Mitì Vigliero
    marina, e che dispetti ti faceva?
  • 17 June 2011 at 10:36Dario Salvelli
    si mìtì, non può stare sul palcoscenico :p (anche quando il palco non c'è per dire)
  • 17 June 2011 at 10:37Mitì Vigliero
    frine, rasa il pratino è romanticissimo come canto di benvenuto al pubblico :-D
  • 17 June 2011 at 10:38Mitì Vigliero
    laflauta, segno "prova generale" :-*
  • 17 June 2011 at 10:38Mitì Vigliero
    Mery, no, non riderebbero ma capirebbero e condividerebbero :-***
  • 17 June 2011 at 10:38Mitì Vigliero
    Dario, tu reciti?
  • 17 June 2011 at 10:39Mitì Vigliero
    Cicap, poi ci raccontate come sono andate le varie giornate di oggi? :-*
  • 17 June 2011 at 10:40CICAP
    certo. Stiamo cercando di organizzare un po' di commento live. C'è qualcosa anche a Genova in via Cesarea ;)
  • 17 June 2011 at 10:42Mitì Vigliero
    e sì l'ho letto, ma sono bloccata qui ...:-(
  • 17 June 2011 at 11:00Dario Salvelli
    @mitì: mi diverto, mi piace più scrivere. ti rispondo come carmelo bene :p "forse sono un simul-attore" o meglio "io non recito, recitare vuol dire citare una cosa. "
  • 17 June 2011 at 12:00Mitì Vigliero
    marileda, racconta anche quelli dei gruppi (e poi tutto è mondo dello spettacolo, anche condurre come fai tu) :-*
  • 17 June 2011 at 12:01Mitì Vigliero
    dario, simul-attore. mi piace :-)
  • 17 June 2011 at 12:02Mery
    (dei gruppi) ci tocchiamo il culo prima di iniziare ;)
  • 17 June 2011 at 12:10Mitì Vigliero
    Mery, come Calessina ;-D
  • 17 June 2011 at 12:40Mitì Vigliero
    e chissà se qualcuno usa ancora come piumino da cipria la zampetta di coniglio?
  • 17 June 2011 at 12:57Librando
    Ne scriverai uno anche sulle scaramanzie dell'editoria e della scrittura?
  • 17 June 2011 at 13:50Mitì Vigliero
    Librando, qualcosa ho già. Ma sono tutte molto personali (ossia non universalmente utilizzate)
  • 17 June 2011 at 14:00Mitì Vigliero
    (ma alcuni grandi scrittori erano decisamente fuori, eh)


5 Replies to “Superstizioni a Teatro”

  1. io sapevo che fischiare porta sfortuna anche perché era il segnale dei macchinisti che qualcosa stava cadendo dalla scenografia, insomma indicava un incidente prossimo. sul viola mi è capitato che una Turandot si sia rifiutata di entrare in scena per via di un vestito viola, mandando al suo posto una comparsa(si trattava di unascena del primo atto dove non cantava) e poi vedendo me che ero vestito in viola ha preteso che non le stessi vicino prima di entrare

  2. Cara Mitì, mi hai ricordato che la canzone del vento era una delle preferite di mio padre, riascoltarla mi ha commosso. Per farmi passare la lacrimuccia ho sentito i muppets cantare we have no bananas in svedese, esilarante.

  3. Pingback: Scaramanzia portati via

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