Usciti al casello di Pontremoli sull’autostrada della Cisa, girando a sinistra seguendo i cartelli per Mulazzo, dopo cinque km di strada inerpicata su un’erta collina della Valle del Torrente Mangiola si arriva a Montereggio, antico paesino talmente lindo ed ordinato che ogni pietra pare spazzolata con amore.
E camminando per le stradine di pietra stupirà notarne i nomi: passeggiata Spagnol, piazza Mondadori, borgo Garzanti… Perché la caratteristica di Montereggio è quella di essere da secoli la patria dei librai.
Partivano all’inizio della primavera con la gerla in spalla; dentro la gerla almanacchi, lunari, testi classici, storici, religiosi.
Sciamavano verso le città del nord: Milano, Torino, Bergamo, Genova, Firenze, Novara, Venezia, venditori ambulanti di parole scritte che piano piano divennero stanziali allestendo dapprima delle bancarelle (furono proprio loro nel 1952 a fondare il premio Bancarella) e poi botteghe e case editrici.
(io al Bancarella, prima a sinistra, chiacchierando con Tolozzi)
Si chiamavano, e si chiamano, Ghelfi, Bertoni, Fogola, Tarantola, Lazzarelli, Lorenzelli, Giovannacci, Maucci, Vannini, Rinfreschi; e durante gli anni delle lotte risorgimentali fecero un vero e proprio contrabbando di libri giudicati dagli austriaci più pericolosi delle armi perché contenevano le idee liberali e repubblicane impossibili da disinnescare.
I volumi arrivavano contrabbandati dalla Svizzera, precisamente da Capolago dove aveva sede la Tipografia Elvetica che pubblicava i testi di Cattaneo, Tommaseo, Berchet e Rossetti, e da Losanna, dove il tipografo Bonamici (ex cappuccino, ex predicatore, ex pastore protestante) dirigeva un’altra officina tipografica che divenne celebre pubblicando il proibitissimo “Gesuita moderno” del Gioberti.
Le edizioni clandestine entravano in Lombardia grazie al “sacro contrabbando” organizzato da Luigi Dottesio, classico tipo del fascinoso cospiratore romantico.
Lui e i suoi i patriottici “colporteurs” calavano dalla Svizzera per il Bisibino e la valle d’Intelvi, e negli zaini portavano tabacco e sale sotto i quali erano nascosti volumi e opuscoli rivoluzionari.
Il deposito provvisorio che raccoglieva la merce scottante era un padiglione di Villa d’Este a Cernobbio.
Lì durante il giorno si riunivano decine di signore e signorine nobili e borghesi che, con la scusa di prendere il tè o festeggiare compleanni e onomastici, erano complici – spesso molto affettuose – dei patrioti contrabbandieri.
Mettendo a profitto le dimensioni abbondanti degli abiti volute dalla moda di allora, nascondevano negli amplissime campane che reggevano i pizzi delle sottovesti, o nelle fitte pieghe dei mantelli e degli scialli, i “volumetti incendiari”.
Poi tornavano nei loro salotti milanesi ove li distribuivano a ospiti e amici in visita, diffondendoli così a Venezia, Torino, Genova e Roma.
Una notte il Dottesio venne arrestato dagli austriaci proprio mentre percorreva gli impervi sentieri del confine comasco-ticinese; condannato a morte, fu impiccato nell’ottobre del 1851; molti suoi collaboratori furono condannati ai lavori forzati.
Ma i testi proibiti continuarono imperterriti a viaggiare fra gerle e crinoline.
A Modena esiste da decenni la Libreria Tarantola: probabilmente ha proprio quest’origine. Ho guardato la pagina web del Premio Bancarella, dei Tarantola si parla, ma non si cita Modena; curiosamente nessun libraio di Modena o della provincia partecipa al premio: è il segno che la cultura è morta e sepolta nella mia città?
l’estate scorsa, ad agosto, sono andato alla festa del libro, ho assistito alla presentazione di due interessanti libri, ho mangiato bene presso uno stand organizzato all’uopo, insomma ne vale la pena andarci secondo me
tarantola è anche il cognome di una famiglia di librai che possiede un’importantissima libreria del centro di brescia, non so se sono imparentati con quelli di montereggio, ma non è impossibile
in effetti è proprio così, scusa p.s. per il doppio post
http://www.tarantola.it/chisiamo.asp
diego, credo proprio di sì. il cognome tarantola poi è proprio originario di lì :-*
Riccardo, i librai citati hanno più librerie, sono gruppi familiari che hanno diritto di voto al di là della città dove sono. :-)
Mitì, grazie per le notizie (e scusa se non ho visto subito la tua risposta!);-)