Avevo in mente un post di quelli davvero speciali, per concludere quest’anno. Ma la pigrissima Bucolica Connessione e le mille cose da fare in questi giorni, stando obbligatoriamente lontana da questo monitor, mi han fatto desistere.
Posso solo dire che il 2009 è stato, per vari motivi, un anno decisamente malefico sia per me sia per chi amo, e non vedo l’ora che si tolga dai piedi.
Però, per quanto riguarda me, di una cosa gli sono grata; dopo il Grande Spaventoche ho vissuto, momento orrendo che ha avuto la funzione di classica goccia nel classico vaso stracolmo d’ansie, preoccupazioni, cure e pensieri, ho imparato finalmente a prendere la Vita con un pizzico di Sano Egoismo e un altro di Sorridente Fatalismo. E vi assicuro che sono ingredienti fondamentali e indispensabili per poter affrontare ogni cosa.
Poi, per non smettere mai di sognare e sorridere, vi ricordo che proprio questa notte sarà notte diLuna Piena, quella dei Regalini: se la vedrete, potrete esprimere a lei i vostri 3 desideri più grandi per il Nuovo Anno.
Da parte mia, per il 2010mi e vi auguro null’altro che tantaSalute e tanto Sereno dentro.
Mi hanno regalato uno dei più buoni ricordi olfattivi della mia infanzia. La usava sempre Nonna Teresita, questa colonia, e annusarla mi ha catapultato immediatamente in uno dei suoi abbracci caldi e morbidi.
E mi sono venuti in mente Natali di tanti anni fa, in cui la guardavo per ore preparare ravioli e croccante (meraviglioso il momento in cui lo versava sul piano di marmo del tavolo della cucina…). Natali in cui attorno al tavolo eravamo in tanti, e “i grandi” -tutti i nonni compresi- erano tutti ancora giovani e in perfetta salute. Natali con lunghe vacanze trascorse tra Genova e Rapallo e per noi, che abitavamo a Torino, quel mare d’inverno era meglio di una cura ricostituente. Soprattutto per Mamma, che della sua Liguria sentiva la mancanza in modo lancinante; e quando le chiedevano “Dove abiti, a Torino?”, anziché via Canova rispondeva “Verso Genova”.
Un’acqua di colonia che mi fa da proustiana madeleinette; oggi, in questa campagna laziale bagnata dalla pioggia, io sento ilprofumo del mare e del croccante di Nonna, e le voci di tutti quelli che amavo e che non so cosa darei per poterli riabbracciare.
E per voi, qual è la vostra madeleinette olfattiva?
Fatacarabina: Che bella questa domanda che poni, Mitì mia. L’odore della crema, quella fatta con le uova e il latte, che mi ricorda l’infanzia. E poi l’odore del Opium, profumo maschile così buono che a volte lo rubo a mio padre. E poi l’odore dell’acqua di melissa, a 90 gradi, che ogni tanto, quando ho coraggio metto nel tè. E poi c’è l’odore di mandarini, che mi ricordano una pelle indimenticabile :)
Leonardo (su FF): l’odore dell’erba bagnata. i fiori di robinia
Beatrice Bruni (su FF): La salvia colta dall’orto. L’odore di mobili antichi. La spiraletta d’estate. L’acqua di colonia alla violetta. Il profumo della cipria. Il profumo del panino bianco mantovano.
Nastja (su FF): l’acqua di melissa e le saponette alla lavanda di Atkinsons, memoria dei miei nonni
Mimosafiorita: La mia memoria olfattiva è corsa a mia nonna e ai suoi abbracci profumati di Presage di Atkinson, mi sembra di sentirlo ancora, e poi il profumo delle sue ciambelline, che lei chiamava crespelle, ed era semplicemente pasta lievita cresciuta e poi fritta, spolverizzata con zucchero e cannella,un sapore indimenticabile nella sua semplicità
la Rejna (su FF): i gelsomini la notte, in sicilia
Ciocci: l’odore dei kinder cereali. mi rimanda a pomeriggi spensierati passata a casa dei nonni, a passeggiate in campagna, guanti e cappelli.
Pietro: L’acqua di colonia della nonna (si chiamava proprio “acqua di colonia”). Odore di bosco, umido, vecchio. Non a caso i profumi che prediligo hanno queste note qua. Anche l’odore di marciapiede di città alle prime piogge estive.
Graziella: Il profumo di zucchero farina burro uova e buccia di limone che sulla spianatoia aspettavano che nonna, e poi mamma, tramutassero in fragranti crostate. E’ il mio profumo di casa e di nostalgia.
Xarabas: Due odori liguri. L’odore della Farinata e l’odore dei testaroli appena estratti dalla busta.
Baol: Bellissimo quesito. per ora mi viene di rispondere: il profumo delle pagine del libro di storia della scuola superiore.
Leo: A dire la verità, mi stupisco che riusciate ad essere così precisi. Quel che a me colpisce nelle mie personali esperienze-madeleine è che siano sempre così inaspettate da essere quasi incongruenti, al punto che l’esperienza-madeleine (un fulmineo ricordo accompagnato da un non so che di struggimento, nostalgia e coscienza di un tempo passato in modo irrecuperabile) sorge mooolto prima dell’individuazione di ciò che l’ha provocata. In altri termini, è dall’esperienza-madeleine che parto per andare in cerca di ciò che l’ha scatenata (e a volte trovo un nulla di profumo, a volte trovo qualcosa che sento ma non riesco ad identificare); ma non mi accade mai il contrario, cioé di avvertire un profumo (o un suono: ah, le madeleinette acustiche!), identificarlo, e da lì partire coi ricordi. Non so se mi sono capito, eh.
Uno dei metodi che amo di più per far fuori gran parte degli avanzi e avanzini che mi trovo nel frigo, è quello di tramutarli in Pasta al Forno alla Quelchecè Nel Frigo.
La Pasta al Forno alla Quelchecè è una delle più belle invenzioni dell’Arte del Riciclo Culinario; è facile da cucinare, fa da piatto unico, è sempre appetitosa.
Così ieri sera, prima ho acceso il forno a 200° e poi ho aperto il frigorifero per vedere cosa ci fosse da far fuori, e fra la miriade di tazze barattoli pacchi e pacchetti ho trovato:
1 tazza da tè contenente il sugo di lepre di pappardelle natalizie. Sarebbe bastato per una porzione solitaria (e noi in questi giorni siamo in tre), non potevo integrarlo con altra lepre perché il Bucolico Giardino non pullula di lepri ma solo di gatti, e non è assolutamente carino pensare quello che state pensando voi…
Un barattolo di besciamella avanzata da crèpes santostefanesche.
Mezza ex-enorme burrata, che mi guardava supplice dicendo “Io sino a domani non reggo”.
Una tazzona di pomodori pelati ciliegini, che mica ricordo perché avevo aperto.
Una formaggera con dentro mezzo cm di grana grattugiato.
Poi nel cassetto della pasta ho trovato un sacchetto con gr 200 di maccheroni, che ho fatto lessare molto al dente.
In una larga ciotola ho messo il sugo di lepre, la besciamella, i pomodorini schiacciati, una bella presa di origano, un pizzico di sale e ho mescolato tutto.
In un piatto ho tagliato la burrata a pezzetti piccoli piccoli.
Cotta la pasta l’ho scolata e messa in una teglia antiaderente che non ho imburrato; sopra la pasta ho versato la mescolanza di lepre-besciamella-pomodorini ecc, e ho mescolato bene bene livellando poi la pasta nella teglia e infilandoci delicatamente qua e là i pezzetti di burrata.
Sopra ho spolverato il mezzo cm di grana.
Messo la teglia nel forno per tre quarti d’ora circa (il tempo preciso non lo so, ero nell’altra stanza a prendere un aperitivo e a chiaccherare con la famigghia); però quando mi son ricordata della pasta, era dorata al punto giusto.
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