Quando Federico Barbarossa venne in Italia, subì una tale serie di sconfitte che gran parte dei suoi soldati decise di mollarlo e di stabilirsi vita natural durante nelle verdeggianti vallate dello stivale, prediligendo in particolare quelle non troppo lontane dal mare.
Uno di questi soldati si chiamava Grunbauer e scelse come dimora la Val Graveglia, nella Liguria di Levante.
Passarono i secoli e il cognome sassone dei numerosi discendenti del soldato venne man mano storpiato, addolcito, facilitato, insomma italianizzato sino a tramutarsi in Garibaldi.
Infatti moltissimi abitanti di Ne, uno dei centri principali della Val Graveglia, si chiamano così e proprio a Né nacque la famiglia del Garibaldi più famoso del mondo il quale, nel 1864, venne eletto al Parlamento Italiano proprio grazie ai voti degli abitanti della Val Graveglia.
E a Ne è dedicata a Garibaldi anche questa meravigliosa, profumatissima, semplice ricetta a base di pollo:
1 pollo pulito e tagliato a pezzi piccoli
150 gr di olivette nere
2 litri di brodo di carne (anche di dado, basta non sia vegetale)
2 foglie di alloro
1 rametto di salvia
1 rametto di rosmarino
1 pomodoro maturo
1 bicchiere di vino bianco secco
olio
burro
sale.
In una casseruola mettere burro e olio; farvi soffriggere le olive e l’alloro, aggiungere i pezzi di pollo, salare e rosolare sino a quando saranno dorati.
Unire il vino bianco e i sapori tritati insieme al pomodoro.
Rosolare e mescolare velocemente.
Appena il vino sarà evaporato, unire il brodo sino a coprire completamente il pollo: mettere un coperchio e cuocere lentissimamente per due ore circa.
Ok, risolto il “Cosa faccio per cena?” stasera. Grazie e buona settimana!
curiosità garibalculinariostoriche….
“Massimo Montanari, autore del “Convivio oggi: storia e cultura dei piaceri della tavola nell’età contemporanea”, a proposito di Garibaldi riporta questa cronaca.
Nella pubblicazione “Il ventre di Milano” del 1888, opera collettiva che avrebbe dovuto illustrare la vera fisiologia della capitale morale d’Italia si legga la cronaca di un pranzo allestito a Pavia, in tutta fretta e con qualche problema organizzativo, per la venuta di Garibaldi.
Correva il 1861. Era il tempo degli entusiasmi per Garibaldi. Non fa d’uopo di spiegare il perché.
I pavesi un giorno vengono a sapere che il grand’uomo doveva venir nella loro città a trovare la madre di Cairoli, e organizzano il banchetto. Chi fosse curioso di leggere la relazione, dirò così, ufficiale di quel pranzo, non ha che a consultare i giornali di quell’epoca grande e gloriosa. […]
A tavola erano quattrocento. Sedevano nella grande sala a primo piano dell’albergo dei Tre Re di proprietà del signor Pietro Galli.
Nel menu… ci dovevano essere tra gli altri piatti del branzino in bianco e delle pernici in salmì. Il signor Galli sulle prime si grattò in capo. Dove si pigliano lì per lì dei branzini e delle pernici per quattrocento garibaldini, giovani pieni di valore ma anche di appetito? Eppure non si poteva far a meno.
C’era in quel tempo a Pavia il signor Federico Carini, uno de’ più strenui camerieri di albergo e di restaurant ch’io conosca. Egli è capace di servire quaranta persone, disperse in molti tavoli, da solo. Tant’è vero ch’egli è unico nel restaurant della Porta Lunga in piazza Santo Stefano, frequentatissimo specialmente nelle domeniche, e nessuno si lamentò mai d’essere stato lasciato in dimenticanza. Egli è il Pico della Mirandola dei camerieri. Con lui stava anche un certo Baldi, che ora fa il mediatore. Carini fu chiamato dal Galli, il quale gli confidò d’aver preparati sessanta piccioni e venti fra trote e lucci, che dovevano passare per pernici e per branzini. Mancargli soltanto ventisei teste e ventisei code di vere pernici per la presentazione in tavola. Carini a queste finzioni non era nuovo certamente. Pure pensando che il trucco si doveva farlo a Garibaldi, sulla prima reagì. Ma necessità non ha legge. Il tempo stringeva. Per quattrocento persone ci volevano almeno sessanta pernici. E si sa bene che non si trovano sempre lì covate e a giusto punto sessanta pernici. Di teste e di code perniciose invece v’ha sempre buona scorta negli alberghi. Vada dunque pei piccioni. Tanto e tanto il salmì saprà far miracolo. Si è cuochi o non si è cuochi?
Garibaldi del resto non ne toccò. Egli mangiò due fettine di prosciutto, un’aringa, e un po’ di luccio-branzino. Rifiutò tutto il resto. Il pranzo costò ai sottoscrittori ottocento lire. ”
trovato qui
http://www.taccuinistorici.it/ita/news/contemporanea/personaggi/Garibaldi-e-la-mensa-essenziale.html
BUONGIORNO…. :)))
ZiaPaperina, anch’io. Galòp permettendo (che qui è da delirio…) :-*
Roger, sarà per questo che si dice “Avere una fame garibaldina?” ;-*
gastronomicamente parlando Garibaldi e Mazzini si completavano bene….
“L’eroe dei due Mondi aveva abitudini alimentari semplici ed essenziali. Sopra alla sua mensa spiccavano rustiche zuppe di verdure e legumi, stoccafisso, salame, formaggio, fichi secchi, anche se non disdegnava preparazioni come le “trenette al pesto”.
Le gallette da marinaio con uva passa sembra che fossero il dessert preferito dal generale, e i “Biscotti Garibaldi”, squisite gallette con uva passa ancora oggi in vendita nei grandi negozi inglesi, sarebbero ispirati a questa sua golosità.
Il pesce cotto appena pescato, condito con il solo sapore del mare era una costante della sua tavola. Egli amava mangiarlo anche crudo, come sappiamo da un ricordo di Clelia che descrive il padre a Caprera intento a gustare scampi, ancora gocciolanti d’acqua salata, su un pezzo di giornale come tovaglia.”
“….Mazzini amava il caffé, le noci, i dolci e il cioccolato. “
Roger, il famoso Sushi alla Garibaldi! :-D
Mmmmh, deve essere saporitissimo e profumatissimo. FAME!
Max, sì, è molto appetitoso. Mangia! :-)
passo ai cuochi reali. Grazie
Il pollo alla Garibaldi, dev’essere favoloso; lo preparo sicuramente in settimana, a
il mio “maritozzo” va letteralmente pazzo per il POLLO, cucinato nei piu’ svariati mod!
Un abbraccio
Sa di ottimo.
Quasi quasi, ammena finiti i 3 chili di insalata di riso ancora in frigo…
Inno di Garibaldi
Per molto tempo si attribuirono al colore scelto da Garibaldi per le divise dei suoi soldati valenze di coraggio e sacrificio… si seppe poi che la scelta fu un caso: quella tela rossa era una partita di stoffa di poco prezzo comprata dall’eroe a Montevideo e destinata in origine alle divise dei macellai di Buenos Aires. Ma a quel colore si ispirò la povera gente per rendere importante anche un umile piatto d’avanzi della cucina popolare livornese.
Ingredienti (per 6 persone)
* 500 g di lesso avanzato
* 500 g di patate tagliate a pezzetti
* uno spicchio d’aglio
* rosmarino q.b.
* 2 cucchiai d’olio extravergine di oliva
* 4 pomodori pelati (o conserva di pomodoro)
* sale e pepe q.b.
Preparazione
In una teglia capace, far rosolare l’aglio con l’olio ed il rametto di rosmarino, unire le patate e portarle quasi a cottura.
Salare ed aggiungere i pomodori ed eventualmente qualche cucchiaio di brodo; infine aggiungere il lesso tagliato a fettine, lasciare insaporire bene e spolverare di pepe a piacere. Si serve caldissimo.
tratto da…..
M. RINALDI- ” La storia è servita: vizi e virtù nel piatto dei grandi della storia”
a Livorno il rosso(pomodoro) spopola…in cucina…quando di un piatto si dice “alla livornese” lo troverete di sicuro..
Leggerti mi ha fatto esplodere la fame, madò. Vado a cacciare un pollo… baci
“Leggerti mi ha fatto esplodere la fame, madò. Vado a cacciare un pollo… ”
in una realtà di polli di batteria trovare un pollo “selvaggio” da cacciare,per poi immolare agli ideali culinari garibaldini…è un impresa quasi impossibile….
auguri….fatacarabina… :)))
Mio nonno (classe 1896, ragazzo di quelli che passò il Piave calmo e placido, per intenderci) aveva in soggiorno due ritratti: Mazzini e Garibaldi. L’Eroe per me è sempre stato uno di casa anche perché nonno ci ha insegnato a conoscerlo e ad amarlo.
Bella questa storia delle origini del nome, bello conoscere le proprie radici…
(Scusate ma, il pollo alla Garibaldi, me lo immagino tutto garibaldino, appunto, senza testa e zampe, che scorazza per la cucina con me vestito da cuoco, impugno forchetta e coltello, che lo inseguo…
Troppi cartoni animati.)
Scusa ma le quantità non bastano per mille…
(lo so ho detto una stupidata, lo so)
che stupor mundi alias Federico II fosse un buon gustataio non ci piove tanto da scrivere un trattato, bisogna che ritrovi il libro in proposito,e non idea che contempli ricetta di pollo ma certo tra garibadi e Napoleone con il pollo alla Marengo la dicono lunga circa le dominazioni che l’Italia ha avuto, come sempre mi sono piaciute le considerazioni dell’ectoplama Roger che la sà lunga in cucina! ottima e veloce la tua ricetta che mi ricorda un’antica ricetta umbra o toscana. buona notte
@roger infatti mi è rimasta la fame di pollo, che io quelli in batteria proprio non li cerco :)
buona giornata
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