Storia della Liquirizia

Nelle corti britanniche del Medioevo, era in auge un romantico ritornello che i cavalieri dedicavano alle dame amate:”L’amore è sogno, dolce come latte e liquirizia“.

E lo stesso nome scientifico della pianta leguminosa da cui si estrae la liquirizia ne conferma la dolcezza: glycyrrhiza, dal greco glucos, dolce e riza, radice.

Pare incredibile, ma la sua dolcezza supera per ben cinquanta volte quella dello zucchero, ed è talmente potente che una piccola parte di liquirizia lasciata macerare in 20.000 litri d’acqua riesce sempre a far percepire il suo caratteristico sapore.

Crescendo spontaneamente in tutta la zona mediterranea (ma anche in Germania, Inghilterra, Russia, Asia e Australia) già nell’antichità era tenuta in somma considerazione dai medici: Ippocrate, Galeno, Dioscoride, Teofrasto e Plinio la giudicavano insostituibile per combattere il mal di fegato, le gastriti, le coliche renali, le tossi convulse e, lavorata in pomata, ottimo cicatrizzante per le ferite.
Ma la virtù che più la faceva amare era quella dissetante; pensate che gli Sciti, mangiando esclusivamente formaggi di capra e liquirizia, riuscivano a camminare per più di dieci ore nel deserto, sotto il sole cocente e l’arsura, senza patire affatto la sete.

Questo suo effetto balsamico era il più apprezzato: in un trattato del Trecento dedicato all’Agricoltura, l’autore Palestro de’ Crescenzi affermava che “la regolitia masticata e tenuta sotto la lingua mitiga la sete e l’asprezza de la lingua e de la gola“, e nei testi medici settecenteschi, agli inappetenti e ai crapuloni, veniva raccomandato di bere prima e dopo i pasti un bicchierino di vino in cui fosse stata posta a macerare una radice di liquirizia.

Per questo la liquirizia fu, per secoli, di quasi esclusiva competenza della farmacopea: si comprava solo in farmacia, tagliata a pezzetti legnosi, ed era carissima.

Anche agli inizi del Novecento, soltanto in farmacia era possibile acquistare le scatolette tonde di metallo bianco e nero, contenenti le celeberrime Pasticche del Re Sole, ma fu solo nel primo trentennio che entrò ufficialmente a far parte dell’industria, grazie a una ditta dolciaria milanese che, nel 1932, lanciò sul mercato una pastiglia di liquirizia pesante esattamente un grammo, e fasciata in carta paraffinata bianca e verde: la mitica Golia, acquistabile solo in pasticceria.

Negli anni ’50, gli americani scoprirono (sempre un po’ più tardi di noi…) le proprietà calmanti e anti infiammatorie del prodotto, e decisero di pubblicizzarlo come “antidoto antifumo“, ossia capace di mitigare i danni di sigari e sigarette; da allora, in tutto il mondo, la liquirizia fu venduta anche in tabaccheria.

Dal Sessanta in poi, della dolcissima radice vennero dimenticate le virtù terapeutiche, ed esaltate soltanto quelle “golose“, esposte sui banchi dei negozi alimentari, racchiuse in grandi vasi di vetro e vendute in cartoccini: pesciolini, siringhe, anicini (minuscoli rombi), senateur (profumati alla violetta), bacchette, tronchetti rifascianti pasta di zucchero colorato e le classiche radici, messe in bocca e succhiate per estrarne il succo, sino a ridurle in una lunga barba legnosa.

La produzione della liquirizia ä affascinante, perché antichissima e profondamente legata alle tradizioni del nostro Sud. Le “vere” fabbriche artigianali oggi sono pochissime, concentrate soprattutto in Calabria, e si chiamano conci.

La coltivazione della radice, sino a pochi anni fa, avveniva ogni quattro anni: nel terreno si coltivava un anno grano, poi maggese, poi pascolo e infine, quando la terra aveva raggiunto il giusto grado di azoto, liquirizia.
Veniva poi raccolta in fascine simili a rametti di legno; le radici venivano fatte bollire in speciali fornaci chiamate bassine, sino a quando si otteneva una pasta.
Questa veniva pressata, ribollita e infine lavorata a mano, ancora bollente, dalle donne, che l’impastavano proprio come si fa col pane.
Infine, veniva tagliata nelle forme scelte, e lucidata a vapore.

Oggi questo lungo lavoro viene quasi sempre svolto da macchine computerizzate.
Ma gli esperti “liquiriziomani” giurano che il sapore di una liquirizia lavorata a mano è del tutto diverso di quello di una lavorata a macchina: un po’ come mangiare tagliatelle fatte in casa o quelle acquistate in pastificio.

©Mitì Vigliero

Corollario

E a Genova si dice regolìçia (pron. regolissia)
Roma si dice: Damme na rigulizia (Mimosafiorita)
In spagnolo si dice “regaliz” (Sancla)
In provincia di Padova viene chiamata “sigurìsia” (Pimpirulin)
a genova nello specifico il bastoncino di liquirizia da succhiare si chiama reganissu . (Luca)
in Romagna è “rigurìzia”. “L’è d’culòr d’la rigurìzia”: si dice di chi è terreo, giallastro. (Cristella)
-Il gelato alla liquerizia di Tittieco

A proposito di Placida Signora

Una Placida Scrittora ligurpiemontese con la passione della Storia Italiana, delle Storie Piccole, del "Come eravamo", del Folklore e della Cucina.


40 Replies to “Storia della Liquirizia”

  1. Io non ne sono particolarmente golosa, ma la mia datrice di lavoro ne mangerebbe a quintali e quando apre qualche pacchetto di liquirizie, cerca sempre di offrirle a più persone possibili per non mangiarle tutte lei e rischiare l’indigestione. P.S. Si dice che la liquirizia sia controindicata per chi soffre di ipertensione, ma non so se sia vero o meno.

  2. La mattina un secondo prima di uscire di casa, dal portabombon prendo una liquirizietta di quelle fatte a scaglie, e chiudo la porta,lo faccio da una vita e ne tengo sempre un scatolina in borsa, a Roma si dice: Damme na rigulizia;@)

  3. La zia Lucrezia,di La Spezia
    andò a Lamezia
    con un tizio di Gorizia
    a mangiar, la liquirizia

    BUONGIORNO….. :))

  4. In spagnolo si dice “regaliz” richiamando fortemente la parola “regalin” (un piccolo regalo, un piccolo dono) nelle testoline dei bambini.
    :)

  5. non avrei mai pensato che che fosse già conosciuta ed aprezzata nell’antichità,adesso la più buona è quella fatta a rossano da marelli(calabria) quanti bastoncini legnosi ho sganocchiato e ci fù un periodo che andavano le buonissime gomme americane alla liquirizia, personalmente in previsione delle festività e pantagrueli che mangiate preparo la grappa alla liquirizia buona giornata

  6. dimenticavo oggi rifaccio le tue focaccine con stracchino, che già ho comprato x farle…… ti andra a finire che mi dovrai pagare una dieta dimagrante! adesso mi picchi! ciao

  7. anche io son golosissima di liquirizia!

    Ricordo le volte in cui mia mamma chiedeva a mio papà di accostare l’auto al bordo della strada perché stavamo attraversando la campagna e lei aveva fiutato presenza di liquirizia. Allora scendeva, estirpava una radice, al ripuliva, e la sgranocchiavamo per il resto del viaggio. :D

  8. Golosa anch’io di liquirizia.
    Gelato alla liquirizia:
    g.50 bastoncini di liquirizia (quelli neri)
    g.300 latte
    g.150 zucchero
    g.350 panna
    Tagliate a pezzetti i bastoncini di liquirizia, sciogliete lo zucchero nel latte e mettete in un pentolino insieme ai pezzetti di liquirizia.
    A fuoco lento fate sciogliere il composto, mescolando in continuazione.
    Lasciate raffreddare e filtrare il tutto.
    Unite la panna, amalgamate il composto e versate nella gelatiera per una mezz’oretta.
    :-9 Buono!

  9. Buuuuona la liquirizia!
    Peccato che mi scateni uno strano effetto collaterale: mi fa venire un fastidioso singhiozzo che non passa con nessuno dei metodi tradizionali. Sono costretta a scegliere le caramelle con il più basso contenuto di questa delizia nera…
    Da piccola, quando ancora non si era manifestata l’intolleranza, intingevo un bastoncino di liquirizia in un’arancia attraverso un buchetto praticato sulla buccia. Finito il bastoncino mi mangiavo l’arancia insaporita dal sugo. Una bontà tramandata dalla mia nonna materna.

    In provincia di Padova viene chiamata “sigurìsia”.

  10. Pimpirulin, singhiozzo? che strano…però so che fra gli effetti collaterali vi sono certe intolleranze gastriche.
    Proverò la bontà di tua nonna, grazie! :-)*

  11. non ne vado pazzo per la liquirizia..però..quando ho la tosse,succhiare una barretta di liquirizia pura ,me la fa passare…

  12. Ricerca del contesto

    Esito della ricerca nel lemmario

    Il lemma compare un’ unica volta nel Vocabolario.

    REGOLIZIA.

    Erba nota, delle cui qualità vedi Mattiuol. Lat. glycyrrhiza. gr. . – Flos. 6.
    – Cr. 6. 62. 1. La regolizia è radice d’ un’ erba, che desidera terra ben soduta, e spezialmente sabbione.
    – M. Ald. E facciali l’ huomo tenere in sua mano una radice monda di regolizia.
    Oggi più comunemente logrizia.

  13. a genova nello specifico il bastoncino di liquirizia da succhiare si chiama reganissu, tra i miei fornitori il top e di torino antica casa delle Pastiglie Leone, tra quelle più famose come dici tu i senateur alle violetta i pescetti le more e gli indimenticabili sucai o sukai parallelepipedi di liquirizia gommosi e duri al tempo stesso ricoperti di zucchero…… ps i miei amici di Treviso mi hanno fatto assaggiare due spendide grappe una alle pigne, e l’altra alla liquirizia assolutamente naturale fatta con i bastoncini lasciati macerare dentro alla grappa

  14. Che interessante questa tua descrizione! Anche dalla mie parti si trovava la liquirizia allo stato naturale, adesso però non la saprei più riconoscere.
    Mi hai fatto ricordare un racconto, mi pare fosse di Dahl, nel quale il protagonista, descrive come preparano la liquirizia che vendono ai bambini: divertente e orripilante! Come solo Dahl sa esserlo.

    Rosy

  15. in Romagna è “rigurìzia”.
    “L’è d’culòr d’la rigurìzia”: si dice di chi è terreo, giallastro.
    Av salùt ma tòt!

  16. Per me è stato un buon antidoto antifumo… quando ho smesso di fumare, per diverso tempo ho sostituito le sigarette con le radici di liquirizia…stessa forma, stessa gestualità, anche nell’apertura del pacchetto… Ha funzionato!

  17. Non lontano da qui c’è un ristorante dove fanno i tagliolini alla liquirizia con gamberetti, vongole e rucola e sono deliziosi.
    Provare per credere…

    Ciao!
    Flavio

  18. Tlaz, mi hai fatto venire una voglia matta di provarli, grazie! E grazie anche per le ricette che metti sul tuo blog; sono bellissime, e decisamente senza frontiere ;-****

  19. Ingredienti:200 gr di liquirizia in polvere, 1,5 litri di acqua, 1,2 kg di zucchero raffinato, 1 litro di alcool a 95°.
    Preparazione: scaldare l’acqua portandola quasi alla ebollizione, sciogliere prima lo zucchero e poi la polvere di liquirizia facendola cadere a pioggia poca per volta con un cucchiaino da caffè e girando in continuazione con un cucchiaio o un mestolo. Finita la polvere spengere il fuoco e far raffreddare lo sciroppo fino a temperatura ambiente sempre mescolando. A questo punto unire l’alcool girando con il mestolo per amalgamare bene sciroppo e alcool, finito ciò imbottigliare.
    Fare lo sciroppo in una pentola che abbia una capienza di circa 5 litri e che sia fatta con materiale con poca aderenza, che non faccia attaccare il contenuto nella cottura, (l’alluminio va benissimo). Una volta imbottigliato il liquore di tanto in tanto scuotere le bottiglie, per far si che eventuali grumi di liquirizia in formazione specialmente sul fondo si sciolgano prima di solidificarsi troppo. E’ buono anche subito, ma dopo un mese o due,l’alcool e lo zucchero si saranno amalgamati a dovere.
    Le quantità dei componenti detti sopra possono essere variate a seconda dei gusti personali.

    saporidellasibaritide

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