Scusatemi, ma oggi è meglio che stia al caldo, stesa a cuccia.
Vi lascio in compagnia dei PlacidoTumblr.
A presto.
Spero.
Baci (disinfettateli prima, eh?)
blog di Mitì Vigliero
Scusatemi, ma oggi è meglio che stia al caldo, stesa a cuccia.
Vi lascio in compagnia dei PlacidoTumblr.
A presto.
Spero.
Baci (disinfettateli prima, eh?)
VAL D’AOSTA
bavàrda, brahòla, brehulì, giacatàna.
LIGURIA
ciancèta, ciaciarùna, ciarlàna, ciarlùnna, petegolòna, martiéla
PIEMONTE
babiàcia, bavàrda, cerevèla, ciaciarùna, cianciùnna, ciapulèra, ciaramelìara, ciarlùna, ciciarùnna, ganascèra, ganasùnna, lenguàza
LOMBARDIA
bausùna, ciaculùna, cicerùna, ciciarùna, lenguasciùna, slenguasùna, tambèrla, terlèca.
EMILIA-ROMAGNA
bacaiàn-na, bacaiòna, bartavèla, cicaràn-na, ciciaròna, cucaròna, slinguasòn-na, zbabaròna.
TRENTINO
baiòna, bàtula, batulòna, ciaceròna, ciaculòna, lengualùnga, zlambrotòna.
VENETO
ciaciaròna, ciacugliòna, ciacolòna, ciaquiòna, sigaiòna.
FRIULI
ciacaròna, petezzòna.
TOSCANA
ciarlòna, pettegolòna.
UMBRIA
ciarlòna
MARCHE
ciarlòna, chiacchiaràna
LAZIO
ciarlòna
ABRUZZO
chiacchiarésse
MOLISE
ciacciòsa, ciarlatàra
CAMPANIA
chiacchieréssa, ciaulòna, tràcchena.
PUGLIA
chiacchiarèsse, chiacchiaròsa, malalénga, quacquarèra.
BASILICATA
lennalònna.
CALABRIA
ciarratàna, lingualònga, parrettèra, vatalàra.
SICILIA
lingualònga, sciusciulùna, sparratùra.
SARDEGNA
ciacciaròna, limbimànna, limbùta, zarròna.
Altri?
Nicola Mattina: A Roma una che parla molto la chiamano “bocca a ciavatta”… invece una che bofonchia continuamente “pentola de facioli” :-)
Skip: In napoletano si dice nciucèssa ( ma significa pettegola). “Stancacervelli”, non è un termine dialettale, ma in uso nella mia famiglia e rende bene l’idea :)
Alianorah: Il figlio del Capo mi dice che sono come una grondaia sfondata in un giorno di pioggia. Ma non è un’espressione dialettale :-)
Roger: In Toscana CIANA….Ciana l’è una comare a bocca larga… sta attent’a quella là, perché l’è una ciana! (continua)
Caravaggio: in siciliano si dice anche liguapizzuta .
Maurizio: Culu te jaddhina (culo di gallina), nel leccese. *
Catepol: A Vibo/Calabria si dice “pittula”
Marea di Luce: sempre in calabria, sulla costa tirrena: lingùta e cianciara.
Eli: …e se chiacchierando fa pure tanto chiasso, alla romana si dice che e’ una “caciarona”
Tittieco: A Genova si dice anche: “ciattélla”.
Stefi: In prov di Milano si dice anche betonega [be’tonega], con “o” aperta. E vuol dire pettegola.
JillL: a Ferrara ciacarona (parché la ciacara tant!!!)
Andrea Perotti: se non sbaglio in Ticino per dire che una persona è un chiacchierone si dice: “L’è un lapòn!” (deriva da “Lapa”) :)*
(Jean-Baptiste-Camille Corot, ‘Le Songeur’, 1854)
La casa di mamma non è più mia.
Da una parte è un sollievo, perché significa che ho finito il tremendo, faticosissimo mio lavoro di smantellamento durato mesi, coi relativi traslochi.
Sono stati in tutto 10.
10 camion, pieni di tutto, diretti a varie destinazioni.
Vabbé manca ancora la cantina. Sì, perché c’era una cantina. E me ne sono ricordata ad agosto, quando non trovavi un trasportatore manco a pagarlo. Ma entro la prossima settimana svuoto anche quella.
E poi basta.
E se da una parte è un sollievo, dall’altra…non so.
Dal notaro, durante il rogito, ad un certo punto ho avuto la netta sensazione che mi si spezzasse qualcosa dentro.
Come si staccasse l’ultimo brandello di cordone ombelicale.
Come se qualcuno o qualcosa sussurrasse “ora è tutto solo in te“.
Dentro me; nella mente e nel cuore.
E davanti agli occhi, con le cose di là che ho portato qua.
Con le immagini incorniciate, e oggetti, quadri, mobili scelte fra quelle che ho visto sin da quando sono nata.
E’ una sensazione indefinibile, che tutti – purtroppo – prima o poi provano.
Però, nonostante tutto, è anche una sensazione dolce.
Dolce come il fluire della vita, dolce come la certezza di non avere perso nulla; perché la vita che abbiamo vissuto e chi si è amato, non vanno mai via davvero.
Rimangono per sempre.
Con la nostra anima come culla.