Il mistero del motto di Palazzo Lanfreducci a Pisa
A Pisa, sul Lungarno Pacinotti, c’è un palazzo chiamato da tutti Palazzo alla Giornata per via di una scritta misteriosa incisa sul frontone della porta.
Il “Dizionario Geografico Fisico della Toscana” di Emanuele Repetti (1756-1852) di esso dice:
“Contasi pure fra le curiosità il palazzo de’ Lanfreducci, ora Upezzinghi, dove sopra l’arco della porta maggiore havvi un pezzo di catena, e nell’architrave scolpita a lettere cubitali la parola ALLA GIORNATA.
Rispetto alla catena è noto solamente che nel palazzo suddetto fu incorporata la chiesa di S. Biagio alle Catene di padronato della famiglia Lanfreducci. In quanto poi al motto ALLA GIORNATA non vi è tradizione né memoria alcuna che ne indichi la ragione”.
Ma in un settimanale illustrato del 22/1/1928 (“Tutto”, fondato da Cesare Sobrero) ho trovato una storia che, pur se leggenda, potrebbe essere verosimile.
Insomma, pare che la catena sia un “ex voto”, il motto un “memento”, e ve lo racconto in poche parole.
Un nobile Cavaliere pisano veleggiava nel XVI sec verso la Sardegna a bordo della sua galea quando all’improvviso venne abbordato da cinque fuste barbaresche piene di corsari algerini; dopo un feroce combattimento i corsari ebbero la meglio e lo fecero prigioniero.
Ad Algeri il fatto ebbe gran risonanza, soprattutto per il pubblico riconoscimento da parte dei corsari del coraggio e della resistenza dell’equipaggio cristiano; il Cavaliere fu affidato a uno dei favoriti del Bey, che lo tenne incatenato come schiavo, prezioso trionfo di guerra.
Il padrone Algerino ammirava moltissimo la bravura marinara e guerresca del Cavaliere; non chiese dunque nessun riscatto ma cercò di convincerlo in tutti i modi a rinnegare la sua fede, indossare un turbante e mettersi al servizio del Bey. E più il pisano rifiutava, più dura il padrone ne rendeva la prigionia.
Un giorno avendo notato con quanto rigore il suo schiavo – già tenuto a stecchetto- osservava il digiuno magro del venerdì, in tono di scherno gli disse: “Giuro che sarai libero il giorno in cui, di venerdì, mangerai a crepapelle e di grasso”.
Trascorsero molti mesi; un giorno il Cavaliere chiese al padrone un lauto pasto a base di carne e ogni leccornia, e lo mangiò voracemente.
Il padrone allora, convinto di avergli fatto rinnegare per sempre la fede cristiana, lo liberò donandogli la catena che per tanto tempo lo aveva avvinto; però non sapeva, l’Algerino, che quel venerdì cadeva di 25 dicembre, giorno di Natale, il cui la rottura del digiuno era più che consentita.
Fatto sta che il Cavaliere lasciò rapidamente col primo vascello il porto di Algeri, tornò a Pisa e qui, a imperitura memoria del fatto, murò sull’architrave del portone del suo palazzo la catena da schiavo e fece incidere le parole “alla giornata” che a sé e ai suoi discendenti dovevano ricordare che per l’uomo retto e di fede costretto alle difficoltà, giungerà sempre “una giornata” in cui avversità e dolori subiti otterranno la loro giusta ricompensa.
Davvero bella storia. a prescindere che sia vera o meno…a proposito di memento, anzi di MEME, in quello a cui ho adempiuto nel mio blog…PARLO DI TE….
Ciao e buona giornata!!!! ;-)****
“alla giornata” mi piace quasi quasi me lo faccio tatuare:)
Andrea, ma grazie stelìn! :-***
Luca, è forse l’unica regola saggia di vita che esista…;-)*
Credere e perseverare nei propri valori; ci vuole coraggio ma sono anch’io convinta che prima o poi arriva “una giornata” in cui si ottiene la giusta ricompensa.
Bella storia, senz’altro fa riflettere.
Buona giornata
Cristina
Cristina, buona giornata a te :-**
Davvero una bella storia!
E, comunque, “l’attimo fuggente” (in questo senso, io intendo “alla giornata”) è una buona filosofia di vita.
Lo ha imparato anche Cristella, la Regina, dopo essersi imbattuta in “momenti storti” che le hanno fatto temere di non potersi godere “il giorno dopo”…
Uehi! Dopo il nubifragio di ieri, oggi a Rimini c’è un bel sole… Vuoi vedere che finalmente mi faccio un sabato pomeriggio di spiaggia? (Domani è un altro giorno, si vedrà….)
Cristella, goditi la spiaggia anche per me, tesora, che son come al solito lavoratrice…:-**
Bella storia…Ho sempre pensato che per tutti, buoni o cattivi, arriverà “la giornata”, o della giusta ricompensa o della giusta punizione… Lo farò mio…
Baciuz:D
Bella storia, e per me il piacere è anche maggiore perché non la conoscevo, pur trattandosi della mia città. Bello!
Rosidue, sì, lo penso anche io :-*
Birra, buon blogcompleanno (anche se con un giorno di ritardo) :-***
Ciao Mitì! Che storia fantastica. provvederò a mattonella fuori la porta con la meravigliosa frase.
E sì, il tempo è galantuomo e quella giornata arriva per tutti. Prima o poi.
kusje ^.^
Mi ricordo che quand’ero bambino, mia nonna, classe 1887, mi portava con lei nella consueta vista alla sua amica Anna.
Io ascoltavo con curiosità i loro discorsi cercando di coglierne i significati. La frase di commiato era sempre: alla bon ura! (alla buona ora).
Se calcoliamo che in un anno i giorni sono (solo) 365,lo possibilita non sono poi tante. Allora molto meglio “alla bon ura”
a presto
l’unione della scritta “Alla Giornata”e la catena che pende sotto,lo intendo più come un invito a vivere la vita in modo meno angosciante e stressante fuori dal solito quotidiano galop che ci imponiamo….insomma…un “chi vuol esser lieto sia….” pisano….
comunque la storia che hai raccontato è bella e si adatta al motto…ti auguro e mi auguro,di poter,ogni tanto,vivere una giornata “alla giornata”per spezzare le catene del quotidiano,frenetico,impazzito,assurdo,….GALOP…….
Roberta, ciao stelìn, bentornata! :-**
Fabdo, sì, basta aver TANTA pazienza ;-D*
Sergio, mi sa che hai ragione ;-)
Roger, vero, più he briglie il galòp ha catene…;-D
ma pensa te!… ho abitato tanti anni a Pisa e non ho mai saputo questa storia…
Per un paio d’anni è stata la porta che ho varcato tutte le mattine per andare a lavorare :) Ma non sapevo la storia della scritta! Grazie per l’approfondimento…
VitaDaProf, ‘un si finisce mai d’imparare…;-D**
Camu, cosa facevi lì? :-)*
quindi l’intelligenza sta nell’aspettare il momento giusto…
Ero uno dei tanti cococo presi per fare il lavoro “sporco” :)